Dante Alighieri narcolettico? Sonno, sogni e allucinazioni nella Divina Commedia

di Redazione Blitz
Pubblicato il 11 Settembre 2013 - 06:00 OLTRE 6 MESI FA

Dante Alighieri narcolettico? Sonno, sogni e allucinazioni nella Divina CommediaROMA – Dante Alighieri era narcolettico? Sogni, sonno e improvvisi assopimenti ricorrono nella letteratura dantesca. Forse semplici espedienti letterari, ma che hanno fatto sorgere nei secoli molti dubbi. I versi danteschi infatti descrivono fin troppo bene i sintomi della narcolessia, malattia neurologica caratterizzata da sonnolenza improvvisa, perdita di forze e paralisi del corpo nonostante il soggetto sia sveglio. Una malattia che colpisce 4 persone ogni 10mila nel mondo e che dipende dalla scomparsa di un piccolo gruppo di cellule nel cervello.

A riproporre e ricercare nei versi di Dante la descrizione della narcolessia è Giuseppe Plazzi, ricercatore del Dipartimento di Scienze biomediche e neurologiche dell’Università di Bologna, in un articolo pubblicato sulla rivista Sleep Medicine, di cui lo studioso ha preparato un riassunto per Repubblica.

Plazzi spiega che fin dall’incipit della Divina Commedia il sonno e l’improvviso addormertarsi, spesso in presenza di una forte emozione come riso o collera, sono temi ricorrenti nell’opera:

«Io non so ben ridir com’i’ v’intrai, / tant’era pien di sonno a quel punto / che la verace via abbandonai».

Dante descrive l’intero viaggio dall’Inferno al Paradiso, passando per il Purgatorio, come una visione avuta durante il sonno. Nonostante non sappia riconoscere il luogo da cui è entrato nell’al di là, lo scrittore colloca senza problemi alla notte prima del venerdì santo del 1300 l’inizio del suo viaggio e a “nel mezzo del cammin di nostra vita” la sua età.

Il sonno non è l’unico sintomo della narcolessia che Dante avrebbe descritto, spiega Plazzi:

“Ma non c’è solo il sonno. Ci sono le rapide transizioni dalla veglia al sogno, sogno che normalmente compare dopo almeno un’ora dall’addormentamento («e ‘l pensamento in sogno transmutai»: Purgatorio – XVIII, 145),ma che in una persona con narcolessia compare immediatamente. Ci sono sonnellini brevi e ristoratori, senza nessuna inerzia ipnica al risveglio («come persona ch’è per forza / desta e l’occhio riposato intorno / mossi»:Inferno – IV, 1-4)”.

Ci sono poi gli episodi, seppur rari, di debolezza muscolare e improvvise cadute a terra che vengono scatenate dalle forti emozioni:

“Di fronte alla lupa Dante si sente improvvisamente debole: «Questa mi porse tanto di gravezza» (Inferno – I, 52);dopo aver ascoltato il commovente racconto della vita di Paolo e Francesca dalla stessa anima di Francesca da Rimini cade a terra per l’emozione: «E caddi come corpo morto cade» (Inferno -V, 142). L’insieme di questi segni evoca in modo suggestivo i sintomi cardinali della narcolessia: attacchi di sonno con l’immediato ingresso nel sonno REM, brevi episodi di sonno, ma ristoratori, infine la cataplessia.

Già a fine 1800 alcuni studiosi ipotizzarono che Dante potesse soffrire di narcolessia, con Giuseppe Puccianti che suggeriva, spiega Plazzi, come gli episodi di sonno e sogni fossero “vero sogno e vero sonno”. Cesare Lombroso invece, inventore dell’antropologia criminale, ipotizzò che Dante soffrisse in realtà di epilessia, anch’essa descritta nella Divina Commedia:

“E qual è quel che cade, e non sa como, / per forza di demon ch’a terra il tira, / o d’altra oppilazion che lega l’omo, / quando si leva, che ‘ntorno si mira / tutto smarrito de la grande angoscia »Inferno – XXIV, 112-118. Con un’accurata descrizione, Dante non solo testimonia di conoscere molto bene l’epilessia, ma si addentra anche in teorie eziologiche e, attribuendo tale punizione a uno dei dannati, implicitamente stigmatizzando il connotato negativo che nella sua epoca aveva una manifestazione epilettica. Contesto e descrizione della crisi epilettica di Vanni Fucci sono ben diversi dalle cadute che Dante stesso presenta”.

Il tema del sonno e del sogno ricorre poi nelle opere letterarie di Dante, nonostante il topos letterario del Medioevo fosse caratterizzato dall’insonnia causata dal mal d’amore, conclude infine Plazzi:

“Sonno, sogni, cadute e allucinazioni possono però anche essere ritrovate in altre opera dantesche, fin dalla sua prima produzione, a diciott’anni, indicando un possibile filo rosso. NellaEpistola IV,scritta durante l’esilio al suo ospite Moroello Malaspina, Dante racconta un episodio allucinatorio; nella Vita Nuova, la maggior fonte d’informazioni autobiografiche sulla sua adolescenza e sulla gioventù, Dante racconta di episodi di sonno impellente a seguito di emozioni, anche ad orari inappropriati durante la giornata, della comparsa di attività onirica subito dopo l’addormentamento e, soprattutto, di nuovo di episodi di debolezza muscolare scatenati da emozioni intense. Sonnolenza ed emozioni sono infine una novità per ogni topos letterario medievale: il mal d’amore, l’amor heroicus, causa al contrario insonnia in chi ne è affetto”.