Elettroshock: praticato ancora in 9 ospedali e cliniche

di redazione Blitz
Pubblicato il 25 Febbraio 2016 - 07:17 OLTRE 6 MESI FA
Elettroshock: praticato ancora in 9 ospedali e cliniche

Elettroshock: praticato ancora in 9 ospedali e cliniche

ROMA – Elettroshock, una pratica del passato? Niente affatto, ci sono strutture in Italia in cui è ancora praticato sui pazienti. Ne parla un dettagliato articolo di Michele Sasso su L’Espresso:

Nell’Italia del terzo millennio sono ancora nove le strutture pubbliche e private che la praticano: l’ospedale di Montichiari in provincia di Brescia, in quello di Oristano, al Santa Trinità di Cagliari, a Brunico, Bressanone, Pisa e in tre cliniche private convenzionate (San Valentino di Roma, Santa Chiara di Verona e alla clinica Baruziana di Bologna). Una denuncia partita dalle parlamentari Pd Delia Murer, Luisa Bossa e Maria Antonietta Farina Coscioni che lo scorso luglio hanno presentato un’interrogazione parlamentare al ministro della Salute Renato Balduzzi. “Non abbiamo ancora ricevuto risposta” dice Delia Murer “Nonostante le linee guida su come intervenire preventivamente su questa pratica, che dovrebbe essere l’ultima ratio”.

I pazienti si sottopongono alla terapia per cicli, col ricovero e un’anestesia di cinque minuti. Ogni ciclo prevede 10-15 sedute con ogni volta lo stesso procedimento: elettrodi, il gel applicato sopra le tempie per non provocare bruciature e la scossa elettrica a basso voltaggio che attraversa il cervello per un tempo variabile da due a otto secondi. Ecco la cura per uomini e donne che convivono con la depressione, manie, schizofrenie, psicosi.

Lo psichiatra Ernesto Venturini, del dipartimento di salute mentale di Imola, racconta la sua esperienza: «Negli anni Sessanta la praticai con convinzione, da assistente universitario, poi vidi cosa accadeva ai malati che venivano curati con assistenza 24 ore su 24 a Gorizia da Basaglia e capii che l’elettroshock non solo è un trattamento umiliante ma che i miglioramenti sono solo legati alla perdita temporanea della memoria: ci si dimentica dell’elemento ossessivo salvo poi avere peggiori ricadute legate anche alla distruzione dell’autostima». Ma nonostante questi risultati i casi più frequenti di ricorso a questo trattamento si hanno nei reparti guidati da “elettroshockisti” convinti: medici riuniti nell’associazione italiana per la terapia elettroconvulsivante (Aitec) che hanno chiesto ufficialmente ai ministri della Sanità di incrementare le risorse utili a diffondere la T.e.c. Secondo il primario del reparto psichiatrico dell’ospedale di Brunico, Roger Pycha èuna terapia «salvavita nei casi gravi di catatonia maligna e guaritrice nel 50 per cento dei casi di depressione maggiore».