Natascha Kampusch vive nella casa degli orrori. E la pulisce ancora…

di Redazione Blitz
Pubblicato il 27 Settembre 2016 - 06:19 OLTRE 6 MESI FA
Natascha Kampusch vive nella casa degli orrori. E la pulisce ancora...

Natascha Kampusch vive nella casa degli orrori. E la pulisce ancora… (foto d’archivio Ansa)

VIENNA – Natascha Kampusch torna nella casa degli orrori: la giovane donna vive nella villetta di Strasshof in cui rimase segregata per ben otto anni, dall’età di dieci, e la pulisce alla perfezione, così come quando era prigioniera del suo aguzzino Wolfgang Priklopil, che le impartiva precise istruzioni.

Natascha, la casa è ora di sua proprietà, fu rapita a soli 10 anni mentre andava a scuola dallo squilibrato Priklopil e tenuta prigioniera in un’angusta cantina, nascosta nel seminterrato dell’abitazione nei pressi di Vienna, in Austria. Per quasi un decennio, il rapitore l’ha trattata come una schiava personale sessuale, picchiata, affamata, intrappolata, fino a quando il 23 agosto 2006 decise di scappare. Prilokpil, il giorno in cui Natascha scappò, aveva 44 anni e si tolse la vita buttandosi sotto un treno.

In un’intervista esclusiva rilasciata a Channel Seven, andata in onda su Sunday Night, la Kampusch, che ora ha 28 anni, con la giornalista Rahni Sadler, fa vedere quella che chiama la sua casa e dove vive nella maggior parte dei fine settimana.

Quando la Kampusch ha iniziato il giro nella casa dell’incubo, dove è stata a lungo abusata e sofferente, ha spiegato che essere in grado di trascorrere del tempo nell’abitazione che racchiude un bel po’ di anni della sua orribile infanzia, è “terapeutico… in modo particolare”.

Su Priklopil, il tecnico informatico che l’aveva relegata al ruolo di cameriera personale quando non era in isolamento, Kampush non ha avuto molto da dire:”Aveva una doppia personalità, schizofrenica”, ha affermato a bassa voce, “Da una parte era una bella persona, un figlio coraggioso mentre il suo lato oscuro era una persona crudele, senza coscienza”.

Tutto ciò che rimane della prigione, nella cantina di cinque metri quadrati, è una lastra in cemento su cui è scolpita la data “2011”.

Quando le è stato chiesto perché non ha voluto vendere o dare fuoco alla casa, la Kampusch ha risposto tranquillamente che non voleva fosse trasformata in un “parco d’attrazione”.

Continua a pulire la casa da cima a fondo, esattamente come la istruiva Priklopil per dieci anni, minacciandola di punirla.

L’abitazione un po’ antiquata, è rimasta com’era, una sorta di capsula del tempo, un inquietante omaggio al suo terribile passato.

In una recente intervista alla Bild, la Kampusch ha ricordato il giorno in cui è fuggita:”Mi aveva chiesto di pulire la sua auto a fondo, completamente, poiché voleva venderla. Avevo tanta fame che avrei mangiato un cavallo: dovevo preparare per lui dei panini con la marmellata ma per non c’era nulla”.

Alle 12,56, Priklopil, ha risposto a una chiamata al cellulare e si è momentaneamente distratto. “Mi osservava tutto il tempo ma a causa del rumore dell’aspirapolvere, per sentire la telefonata si è spostato di alcuni passi”. “Sono arrivata furtivamente alla porta, di solito chiusa o bloccata da oggetti pesanti, ma non quel giorno”.

Alle 12,58 ha aperto la porta ed è corsa verso la libertà, mettendo fine al calvario iniziato nel giugno 1998, quando Priklopil la rapì mentre andava a scuola.

La Kampusch ha scritto un nuovo libro sulla sua vita, dal titolo “Ten years of freedom“, Dieci anni di libertà, ma la sua odissea continua.

Nonostante da interviste, libri, collaborazione a film, abbia guadagnato una fortuna stimata sui 5 milioni di sterline, rimane la bambina smarrita, quella che era durante la prigionia.

Attualmente, sul presunto suicidio di Priklopi è in corso una nuova indagine. Due medici legali hanno esaminato il fascicolo e stabilito che potrebbe essere stato ucciso.

La Kampusch ha acquistato la casa e l’auto del suo rapitore, una BMW 850 rossa: collegamenti palpabili di un passato che gli psichiatri considerano una tappa obbligata per guarire dalle ferite e tornare alla normalità.

Trascorre i fine settimana nella casa in cui le stata rubata l’infanzia, vive nelle stanze in cui le giornate spesso erano lunghe come settimane e aveva la sensazione di affondare nelle sabbie mobili.