La “Lezione francese” di Turani: solo Bersani non ha ancora capito che con Grillo non ci si allea
La lezione francese si compone di molte parti, scrive Giuseppe Turani in questo articolo pubblicato anche su Uomini & Business. Ma la sintesi è che “il populismo francese alle corde”, mentre gaullisti e socialisti invitano a votare per Emmanuel Macron.
Ed ecco i 4 punti della “lezione francese”.
1- I partiti storici, del 900, sono finiti. I socialisti hanno commesso molti errori (il loro presidente uscente. François Hollande, ha ritenuto persino di non potersi ricandidare). Chi ha preso il suo posto, comunque, non è arrivato al 7 per cento, fine della storia.
2- Un candidato liberaldemocratico, Macron, con un partito improvvisato e su una piattaforma pro-Europa e moderna, vince la prima consultazione e quasi certamente vincerà il ballottaggio fra 15 giorni. Altra prova della fine dei partiti tradizionali. E anche del fatto che la maggioranza dei francesi considera la adesione alla Unione europea come una scelta da cui non si torna indietro.
3- Sia il partito socialista (Hamon) che la destra gaullista (Fillon) hanno impiegato pochi minuti, a risultati non ancora ufficiali e definitivi, per invitare i loro aderenti a votare Macron per bloccare la destra di Marine Le Pen. Ha funzionato cioè il “patto repubblicano” che già riuscì a escludere la Le Pen da tutte le amministrazioni locali. Situazione molto diversa da quella italiana, dove la sinistra-sinistra ha come bersaglio il Pd di Renzi piuttosto che il Movimento di Grillo, con il quale pensa invece di potersi alleare.
4- L’unico soggetto non pro-Macron resta il super-sinistro Malenchon, ultimo rappresentante della sinistra del ‘900.
Il senso di quello che è successo in Francia è molto chiaro e ha un punto centrale. Con ogni probabilità il populismo anti-europeo di madame Marine Le Pen uscirà ancora una volta sconfitto. Il populismo, in sostanza, ha preso una botta serissima in Olanda, in Germania è in crisi e in Francia verrà sconfitto per l’ennesima volta. A questo punto l’unico populismo consistente che si aggira in Europa è quello di Grillo. Un populismo isolato, a questo punto, senza un solo alleato sul Continente, qualcosa insomma di già superato, benché ancora pericoloso. Sotto questo aspetto il primo turno delle elezioni presidenziali francesi è veramente il funerale del populismo europeo.
Ma la cosa importante è la prospettiva che si è aperta. Per la prima volta c’è stato un confronto fra un’idea liberaldemocratica della società (Macron) e quella tradizionale (Malenchon-Hamon) e ha vinto la prima. Quindi più Europa, meno statalismo, idea più moderna del lavoro e dello sviluppo.
Stabilire un parallelo con l’Italia di Matteo Renzi è quasi automatico. Anche se Macron ha avuto più coraggio: ha abbandonato il vecchio partito socialista (lui che era stato un ministro di Hollande) e ha puntato decisamente sulla rottura con la tradizione assistenzial-protettiva.
In Italia Renzi ha scelto una strada diversa e forse si presenta anche un po’ meno liberaldemocratico, ma la strada è quella: basta percorrerla con decisione.
Fra i politici che si sono complimentati con Macron c’è la cancelleria Angela Merkel, e con ragione. Con Macron all’Eliseo si riforma un direttorio europeo Germania-Francia e questo va bene dopo mesi e mesi di sbandamento.
A questo punto, comunque, diventano decisive le elezioni italiane, l’unico posto in cui il populismo ha ancora una sua forza. È paradossale che la sinistra-sinistra (morente) sia l’unica forza che gli fa ancora credito.
Il mondo sta cambiando. La vittoria di Trump in America è stato probabilmente il momento di maggior successo del populismo mondiale, ma anche l’inizio della sua fine. In sostanza, Grillo e i suoi boys combattono una battaglia già persa. Solo Bersani & soci non riescono a capirlo.