Modificare il clima con la geoingegneria: alla Royal Society si discute su chi deciderà le sorti dell’atmosfera

Pubblicato il 4 Aprile 2011 - 10:47 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Un meeting internazionale ospitato al Chicheley Hall in Inghilterrra, e organizzato dalla Royal Society, riunirà scienziati, avvocati, politici e filosofi di tutto il mondo, per discutere i provvedimenti da prendere sui cambiamenti climatici che negli ultimi anni interessano il pianeta. L’idea sviluppata negli ultimi tempi è quella di riflettere la radiazione solare per ‘rinfrescare’ l’atmosfera, ed abbassare le temperature che secondo uno studio inglese condotto dal IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) sono destinate ad aumentare di 6.4 gradi Celsius entro il 2100. La questione sollevata dal meeting riguarda non solo le tecniche di “geoingegneria” da utilizzare, ma soprattutto chi deciderà quale utilizzare e che ripercussioni potrebbero avere a livello climatico, politico ed economico.

Agire sul clima e sull’equilibrio dell’atmosfera artificialmente potrebbe comportare dei seri rischi, infatti una volta alterati i delicati equilibri dell’involucro gassoso che circonda il pianeta, non è detto che sarà possibile tornare indietro. La mancanza di una possibilità preventiva di sperimentazione costituisce quindi un’incognita: “Poter fare esperimenti sull’atmosfera, e così giocare a Dio, è sicuramente un’ipotesi allettante per uno scienziato, ma allo stesso tempo preoccupante”, ha osservato Richard Odingo, scienziato del Kenia.

Analogo il parere di Steven Hamburg, scienziato della U.S. Enviromental Defense Fund: “Se non comprendiamo le implicazioni e raggiungiamo un punto critico applicando la geoingegneria con informazioni minime, stiamo davvero giocando ad una roulette russa”. Uno studio però delle soluzione appare per la Royal Society sempre più necessario: avere un “Piano B” che preveda soluzioni ingegneristiche e diplomatiche è un’esigenza di ogni governo.

Il meeting ha così riunito da tutto il mondo fisici dell’atmosfera, oceanografi, geochimici, ambientalisti, avvocati esperti in diritto internazionale, psicologi ed esperti di politica per discutere tutti gli aspetti dei provvedimenti che con molta probabilità, un giorno andranno attuati. Le soluzioni proposte dagli scienziati per abbassare le temperature dell’atmosfera sono molte, come ha osservato Steve Rayner del programma di geoingegneria dell’università di Oxford, ma spesso poco pratiche o inefficaci come dipingere i tetti di bianco per riflettere il calore, o tappezzare i deserti con materiale riflettente, alterando così in maniera radicale l’ambiente. Anche inviare degli specchi riflettenti nello spazio attorno alla Terra sarebbe una soluzione poco pratica e dispendiosa.

Il centro di ricerca Woods Hole del Massachusetts sta sperimentando la possibilità di aumentare il livello di ferro negli oceani, stimolando così la produzione di plancton che si nutre di anidride carbonica, mentre gli scienziati del Colorado stanno progettando un test per ‘realizzare’ nuvole con particelle di sale marino che riflettano i raggi solari. Tutte proposte, queste, che potrebbero comunque non avere effetti sul clima, oppure indurre conseguenze non definibili.

L’idea che comunque accomuna tutti gli scienziati riguarda gli aerosol presenti nell’atmosfera, come ha fatto notare John Shepherd dell’università britannica Sounthampton, ma ha anche osservato che una qualunque tecnica per controllare la radiazione solare dovrebbe essere accompagnata da riduzioni nell’emissione dei gas serra e da meccanismi chimico-meccanici per eliminare i gas già presenti nell’atmosfera. “Queste tecniche implicano vincitori e vinti. Chi deciderà?”, ha osservato Shepherd. La questione non è di facile soluzione: non solo non è chiaro quale governo guiderà le ricerche, che andranno sicuramente coordinate a livello mondiale per ottenere dei risultati, ma anche se i governi troveranno un’intesa e faranno ciò che è necessario, cioè affiancare alle tecniche geoingeneristiche una riduzione nelle emissioni dei gas serra.

Oltre ai rischi ambientali vanno calcolati anche le implicazioni politiche ed economiche: la geoingegneria andrebbe a costituire un nuovo tipo di mercato che scadrebbe nell’interesse economico a scapito di quello ambientale, e “in un plausibile, ma sfortunato futuro, potrebbero esserci guerre tra i paesi per le proposte relative alla risoluzione dei cambiamenti climatici”, ha osservato Ted Parson, un esperto di politica ambientale dell’università del Michigan. Secondo l’economista australiano Clive Hamilton un altro rischio è quello che “alcuni miliardari con il complesso del messia abbiano un ruolo dominante nelle ricerche di geoingegneria”, confondendo il ruolo di “cowboy” con quello di “eroe della scienza”.

Se l’uomo con lo sviluppo industriale e tecnologico ha inconsapevolmente agito sul clima, ora si attribuisce il compito di ‘rimediare’, studiando un ‘Piano B’ che valuti ogni aspetto relativo ad un intenzionale intervento sul delicato equilibrio dei fenomeni naturali che regolano l’atmosfera terrestre, interventi i cui effetti non sono prevedibili su larga scala, né a livello scientifico, né a livello politico ed economico. E’ allora naturale che le parole di Odingo zittiscano una sala conferenze che è agli inizi di questo cammino: “Abbiamo molto a cui pensare. Non so come molti di noi potranno dormire sonni tranquilli stanotte”.