Schiuma bianca nel Mar Tirreno: alghe decomposte. E licenza di inquinare di più

di Redazione Blitz
Pubblicato il 15 Luglio 2014 - 10:37 OLTRE 6 MESI FA
Schiuma bianca nel Mar Tirreno: alghe decomposte. E licenza di inquinare di più

Schiuma bianca nel Mar Tirreno: alghe decomposte. E licenza di inquinare di più

ROMA – Schiuma bianca nel Mar Tirreno: alghe decomposte. E licenza di inquinare di più. Il colpo d’occhio è quasi suggestivo, quanto inquietante: la coltre bianca che ammanta la spiaggia (sembra appena uscita da un trattamento shampoo) sta diventando uno spettacolo usuale lungo i litorali del mar Tirreno. Pare, lo ha detto a più riprese l’Arpa (Agenzia regionale protezione ambiente) stando un po’ sul generico, che non c’è da spaventarsi: “Le schiume possono formarsi ed aumentare di volume in presenza di alcune sostanze tensioattive che possono essere sia di origine naturale che antropica”.

Traduzione: il fatto naturale è da addebitarsi alla decomposizione di micro-alghe e dall’emulsione provocata dalle burrasche sul mare, il fatto “antropico”, significa inquinamento prodotto dall’uomo. Il fenomeno è stato registrato in Liguria, in Toscana vicino a Sarzana, sulla costa nord del Lazio, a Castellammare di Stabia e Vico Equense in Campania. “Di fronte a questi episodi di contaminazione sconsigliamo ai bagnanti di immergersi in acqua ma bisogna precisare che non ci sono pericoli gravi per la salute”, precisano dall’Arpa.

Muchi di mare. “Questa schiuma chiamata in gergo muco è molto frequente quando c’è il maltempo e le correnti in mare. Dalla forma bianca inizialmente diventa gialla e in fine marrone, solitamente la massa si distribuisce lungo la spiaggia, e capita di avvistarle all’inizio della stagione estiva e sempre meno col passare dei mesi caldi. In inverno scompaiono. Prima erano un fenomeno tipico del mare Adriatico ma adesso è facile trovare anche sul Tirreno”.

Insomma, questa schiuma che sembra neve fuori stagione e fuori contesto non ci deve allarmare, secondo l’Arpa. Tornando, però, al contributo “antropico”, qualcosa non torna. E’ una interpretazione del fenomeno che non convince il presidente del Wwf della Penisola Sorrentina, Claudio D’Esposito per il quale, ”seppure i dati dell’Arpa parlano di mare pulito, noi rileviamo che in quella scia melmosa, di colore marrone e giallastro, galleggia anche tanto materiale da fogna, come i pannolini delle donne”.

Sapone contenuto nei fiumi che si scioglie. Senza contare che dove la schiuma è apparsa il litorale è risultato spesso inquinatissimo, come il tratto di mare alla confluenza delle due foci del Tevere a Fiumicino, cioè tra il Porto canale e Fiumara Grande, in particolare, ironia della sorte, sul lungomare della Salute. Gli esperti affermano che probabilmente è stata provocata dai saponi disciolti nel Tevere agitati dal mare in burrasca: ma ad accertarlo sarà ancora l’esito delle analisi dell’Arpa. Anche l’ultimo giudizio di Goletta Verde di Legambiente, su quel tratto di mare è negativo. Risulta tra i più inquinati del Lazio.

Più materiali inquinanti in mare. La norma salva Solvay della Toscana. C’è poi un fatto certo, autorizzato dalla Regione Toscana, che fa riflettere: è la norma che permette alle industrie che usufruiscono di una “autorizzazione ambientale integrata”, la cosiddetta Aia, di sversare in mare acque contenenti “solidi sospesi totali”, ovvero le sostanze (organiche e non) frutto della produzione presenti nelle acque di scarico che non si sono sciolte. Si intende che la norma autorizza a sversare “più” materiale inquinante in mare di quanto previsto dai limiti precedenti che dobbiamo considerare come limiti entro i quali non si rischia la salute. 

Gli ambientalisti, e non solo, la chiamano norma salva Solvay, in riferimento allo stabilimento della Solvay di Rosignano (Livorno), “che da anni scarica allegramente in mare violando la legge e che di recente è stato costretta a pagare una sanzione milionaria” (La Stampa).