Europa: aiuti a banche italiane no, a banche tedesche sì

di Edoardo Greco
Pubblicato il 11 Dicembre 2015 - 11:30 OLTRE 6 MESI FA
Europa: aiuti a banche italiane no, a banche tedesche sì

©DPA/LAPRESSE –
SEDE BANCA CENTRALE EUROPEA

ROMA – Mentre la Commissione europea e la Vigilanza della Banca Centrale Europea hanno prima tenuto sulle spine e poi bloccato la Banca d’Italia nell’aiutare le quattro banche italiane in crisi (Banca Etruria, Banca Marche, Carife e Carichieti), le stesse istituzioni hanno dato subito il via libera al salvataggio, con decine di miliardi di euro di soldi pubblici, della banca tedesca Hsh Nordbank.

Quello della evidente disparità di trattamento fra – per esempio – Italia e Germania è il problema sollevato da Osvaldo De Paolini sul Messaggero, in un fondo che vi proponiamo come articolo del giorno. Una disparità resa ancora più evidente ed irritante dal fatto che, per salvare le quattro banche italiane sarebbero bastati 800 milioni di euro, e non decine di miliardi. E che anche per creare un fondo di garanzia da 50-100 milioni bisogna procedere con molta cautela, mentre le banche falliscono e i risparmiatori vedono trasformarsi in spazzatura i risparmi di una vita.

Il governo ritiene che la soluzione adottata per risollevare le quattro banche dall’abisso contabile nel quale erano precipitate ha salvato migliaia di posti di lavoro insieme ai risparmi di centinaia di migliaia di depositanti. D’accordo. Ma si poteva fare di più? Certo, si poteva fare di più. Magari non a favore degli azionisti, votati a seguire il destino della loro società: non a caso in Borsa si parla di capitale di rischio. Ma senz’altro a favore di quanti, come il pensionato suicida di Civitavecchia, avevano convertito il loro gruzzolo in obbligazioni subordinate: forse non avrebbero salvato l’intero investimento, ma una gran parte certamente sì.

Sarebbe bastato lasciare che intervenisse il Fondo di tutela dei depositi, peraltro pronto da mesi, com’era accaduto altre volte. Perché questa volta non è accaduto? Semplicemente perché la Commissione Ue si è messa di traverso, costringendo Bankitalia ad attivare strumenti di nuovo conio votati dal Parlamento europeo dopo le drammatiche crisi bancarie di questi anni che, sia detto per inciso, hanno colpito soprattutto Germania, Francia e Spagna nonostante a pagare siano stati anche i contribuenti italiani.

Alla denuncia della nostra Banca centrale, mercoledì sera ha spocchiosamente replicato un portavoce della Commissione tentando di scaricare sulle spalle di Via Nazionale la responsabilità della decisione. Ora, dove sia la verità non è difficile da stabilire: basti pensare all’odioso braccio di ferro che gli eurocrati vanno inscenando da mesi con le autorità italiane in tema di aiuti di Stato.

E poiché a Bruxelles il Fondo di tutela dei depositi viene considerato strumento pubblico nonostante sia alimentato esclusivamente da banche private, se anche il divieto della Commissione non si è esplicitato con una nota ufficiale è facile intuire le ragioni che hanno indotto Bankitalia a escludere la via più favorevole per gli obbligazionisti delle quattro banche da salvare.

Sia chiaro, sarebbe ingeneroso scaricare l’intera responsabilità di quanto sta accadendo sull’ottusità di quattro funzionari europei: i primi responsabili del nuovo dramma bancario sono infatti gli amministratori dei quattro istituti e quei dirigenti senza scrupoli che approfittando dell’ingenuità altrui hanno tentato di occultare le loro inefficienze suggerendo titoli che il peggiorare della contabilità aziendale ha via via trasformato in frutti velenosi. Di fronte a ciò, appare sin troppo evidente che la magistratura avrà il suo bel daffare nei prossimi anni; anche perché le possibilità di ristoro per gli investitori gabbati saranno tanto più alte quanto più celere risulterà l’attività inquirente e quella giudicante.

Introdurre «sostegni umanitari» in favore dei risparmiatori più indigenti come si vorrebbe, rischia infatti di aprire un varco assai pericoloso, portatore di profonde disparità e capace di inquinare profondamente le ragioni del mercato. Potrebbe addirittura produrre l’effetto opposto a quello desiderato, minando in modo grave la già traballante fiducia del popolo del risparmio nelle virtù dell’investire.

Ciò posto, guai a sottovalutare la questione aperta con l’atto di ”ribellione” del capo della Vigilanza della Banca d’Italia. Dietro la denuncia di Carmelo Barbagallo si intravede infatti tutta la carica di insoddisfazione per la pochezza con la quale Bruxelles e la stessa Vigilanza Bce considerano l’Italia e il suo sistema bancario. Il tema degli aiuti di Stato che da più di un anno imbriglia ogni iniziativa del governo italiano volta a rendere più dinamico il rapporto banche-imprese, insieme all’esasperata spinta alla patrimonializzazione degli istituti (soprattutto italiani) impressa dalla Vigilanza Bce, sta infatti diventando un caso europeo. Proprio in questi giorni l’Europarlamento ha rivolto un richiamo forte alla Commissione affinchè «cessino le disparità significative emerse tra gli Stati membri nell’uso degli aiuti di Stato nel settore finanziario, poichè esse possono condurre a distorsioni della concorrenza nel settore bancario».

Dunque, a Strasburgo non è sfuggito che mentre la Commissione ha tergiversato per mesi nel caso delle quattro banche italiane in odore di fallimento, costringendo la Banca d’Italia ad agire in emergenza per evitare il peggio, così non è accaduto per la tedesca Hsh Nordbank – 100 miliardi di asset, controllata per l’85% dai Lander Amburgo e Schleswig-Holstein – salvata quest’anno per l’ennesima volta grazie a una decina di miliardi di risorse pubbliche e soprattutto al rapidissimo ok di Bruxelles.

E qui scatta una curiosa coincidenza, che dovrebbe indurre a riflessione quei germanofili un tanto al chilo che levano il mento spocchioso ogni volta che si osa criticare l’arroganza tedesca. Ebbene, nonostante i tre salvataggi in cinque anni di cui è stata protagonista la Hsh Nordbank, la Vigilanza Bce guidata da Danièle Nouy (una francese curiosamente in grande sintonia con il presidente della Bundesbank) qualche tempo fa ha promosso a pieni voti l’istituto tedesco mentre ”condannava” le italiane Mps e Carige per carenza di capitale.

Nessuno pretende che il governo Renzi violi regole che i nostri stessi parlamentari europei hanno votato. E tuttavia, onde evitare di rendere ancora più penosa una situazione già di per se fortemente precaria, sembra giunto il momento che a Bruxelles certe asimmetrie vengano livellate. Correggendo una catena di errori che risale al tronfio governo Monti, che non volle chiedere aiuti europei a favore delle nostre banche nè utilizzare aiuti di Stato come invece fece la Germania che versò nei forzieri delle sue banche malate ben 247 miliardi.

http://economia.ilmessaggero.it/economia_e_finanza/aiuti_stato_disparit_trattamento_europa-1402119.html