Giampaolo Pansa: “Matteo Renzi mi piace… come la cacca dei gatti”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 3 Dicembre 2013 - 06:30 OLTRE 6 MESI FA
Giampaolo Pansa: "Matteo Renzi mi piace... come la cacca dei gatti"

Giampaolo Pansa: “Matteo Renzi mi piace… come la cacca dei gatti”

ROMA – A Giampaolo Pansa non piace Matteo Renzi. Nel suo Bestiario del 1° dicembre su Libero, Pansa passa in rassegna il confronto andato in onda su Sky venerdì 29 novembre fra i tre candidati alle primarie Pd: Gianni Cuperlo, Pippo Civati e Matteo Renzi.

Proprio osservando Renzi, Pansa confessa: “Mi sono domandato un’altra volta perché il sindaco di Firenze mi piace come la cacca dei gatti”.

“Ma chi sono quei tre signori sul palco davanti alle telecamere? Se la sera di venerdì 29 novembre 2013 un viandante si fosse trovato a passare dentro il grande studio di Sky che di solito ospita X-Factor, sarebbe stata questa la sua domanda inevitabile. Già chi erano i tre interrogati sulla rava e la fava da un giornalista che sembrava saperne più di loro? La faccia di uno del trio, un tipetto inciccionito dalla parlata toscana, gli pareva di averla già vista in tivù. Ma gli altri due risultavano dei perfetti sconosciuti.

Il nostro viandante sarebbe stramazzato per la sorpresa nell’apprendere la verità. I tre signori erano in battaglia per conquistare la leadership del Partito democratico. Ovvero della parrocchia attualmente al governo. E comunque una delle tre squadre politiche più importanti in Italia, insieme a quelle del cavalier Berlusconi e del Duce stellare Grillo.

Confesso che la stessa domanda del viandante me lo sono proposta anch’io. E mi sono chiesto perché davanti alle telecamere si trovassero quei tre mister e non altri un tantino più adatti alla parte da recitare. Che cosa avevano di speciale? Quali storie personali potevano vantare? Quante imprese gloriose avevano compiuto, per meritarsi un’ora e mezza di diretta tivù? E soprattutto per sperare di conquistarsi la poltronissima dei democratici?

Pippo Civati mi è sembrato un battutista da bar, uno di quelli che entrano al caffè e strillano agli amici: «La sapete l’ultima? Nel partito di Berlusconi non fanno le primarie, ma le ereditarie!». Nei commenti post diretta, la giornalista Maria Latella è stata perfida. Con l’aria di elogiarlo, ha trafitto Pippo esclamando: «È l’unico politico spiritoso che ci sia in Italia!». Certo, sparare battute mentre ci cadono addosso le bombe della crisi è una prova di coraggio incosciente. Ma Civati ha spiegato al pubblico di Sky che i veri problemi del paese sono ben altri. Per esempio, la possibilità per le famiglie gay di adottare un bambino.

ATTACCO AI RICCHI Gianni Cuperlo sarebbe il genero ideale per tante madri che spasimano di dare la figlia in sposa a un signore che la tratti come una rosa al naso. Pur avendo superato la barriera dei cinquanta, il compagno Gianni ha sempre l’aria perfettina e inamidata del dirigente della Gioventù comunista che piace non solo alle mamme, ma alle zie e alle nonne. E di conseguenza la sua visione dell’Italia è un po’ datata. Lui è rimasto inchiodato allo slogan che i ricchi devono piangere. Sogna patrimoniali a tutto spiano, perché non si è ancora reso conto di una verità: i cosiddetti ricchi, soprattutto quelli che pagano le tasse sino all’ultimo euro, vanno coccolati e accuditi, visto che tappano i buchi del bilancio statale. E oggi sono gli unici che spendono ancora e sorreggono i consumi italici.

Nella serata del duello in tivù, Matteo Renzi ha fatto storia a sé. Sfoderava di continuo il sorriso da ganassa spavaldo, tipico di chi è sicuro di vincere. E non è stato a farla troppo lunga. Come un altro toscano ben più famoso di lui, il super campione del ciclismo Gino Bartali, ha spiegato che tutto quello che sta facendo il governo Letta-Alfano è sbagliato e dunque gli è tutto da rifare. Ha ridotto al minimo l’esposizione delle sue ricette e non si è sprecato più di tanto. Aveva l’aria di dire: sono qui solo per cortesia, perché ho già la vittoria in tasca e la sera dell’8 dicembre sarò il padrone del Pd. Mentre osservavo Renzi, mi sono domandato un’altra volta perché il sindaco di Firenze mi piace come la cacca dei gatti.

E mi sono dato le solite risposte. La prima è che Matteo è un illusionista, tutto fumo e niente arrosto. Ci vuol far credere che l’Italia, se la governerà lui, diventerà un immenso paese dei balocchi. Un paradiso laico dove tutto funzionerà a meraviglia. Le regole saranno impeccabili e rispettate. Il governo starà nelle mani dell’uomo migliore. L’onestà trionferà e tutti vivremo felici e contenti. Ma l’Italia non è così, e non lo diventerebbe neppure se il governo del Rottamatore campasse cent’anni. L’Italia che Renzi spera di conquistare è un paese disperato, persino più del necessario. È in depressione anche morale. Ha paura del futuro. Pure chi ha soldi in tasca compra con parsimonia e non fa molti programmi per l’avvenire. Una nazione così ha bisogno di un grande psichiatra, a metà fra lo stregone e il confessore, che l’aiuti a ritrovare un minimo di fiducia in se stessa. È il mestiere giusto per il superficiale sindaco di Firenze? Credo di no.

E poi Renzi non mi piace per un’altra ragione. Un grande sondaggista, Roberto Weber, ha detto che Matteo gli ricorda Bettino Craxi, decisionista quanto lui, cinico più di lui. Per quanto mi riguarda, non la penso così. Ho visto e raccontato tante volte il leader del Psi. Al contrario di quel che si pensa, era un politico cauto che rifletteva a lungo e ponderava ogni mossa. Era l’opposto dell’avventurista e non parlava mai a vanvera. Quando lo intervistavi, ti rendevi conto che le sue risposte erano più brevi delle tue domande.

IL PAROLAIO BIANCO Invece il sindaco di Firenze mi sembra ogni volta di più un grande parolaio. In un Bestiario di tanti anni fa avevo messo in scena il personaggio del Parolaio rosso, per indicare il verboso Fausto Bertinotti, gran capo di Rifondazione comunista. Bene, nel mio teatrino politico Renzi potrebbe fare la parte del Parolaio bianco, viste le sue origini democristiane, o biancorosa poiché sostiene di stare a sinistra. Ma temo che sotto la lingua renziana ci sia niente o ben poco. Venerdì sera, mentre lo scrutavo in tivù, ripensavo a quel che aveva detto Weber, nel ricordare le giaculatorie di Renzi. «Basta, si va!», ma dove? oppure «Basta, si fa!», ma che cosa? Nel linguaggio e nelle mosse di Renzi, gli unici dati di fatto che per ora disponiamo sul suo conto, scopro una voglia di azzardo che mi sembra persino puerile.

Anche la sua pretesa di restare sindaco di Firenze pure dopo l’elezione a segretario del Pd, mi lascia stupefatto. Mi viene da dirgli: «La fai troppo facile, ragazzo mio!». Governare un partito, qualunque sia, con i chiari di luna del 2013 e soprattutto del 2014 è affrontare le dodici fatiche di Ercole. Al giorno d’oggi i partiti sono mostri dalle cento teste, impossibili da governare, da controllare, persino da ammansire. E se Renzi si propone anche di diventare presidente del Consiglio, non voglio neppure immaginare il fantozziano disastro che potremmo vedere. Un amico che vive da anni dentro la sinistra, mi ha detto: «O Renzi accoppa il Pd oppure il Pd accopperà lui». In entrambi i casi, comincerà l’ennesima guerra civile, resa più feroce dall’esiguità del bottino. Perché oggi la trippa è sempre più scarsa anche per i gatti della politica. Forse è meglio fermarsi e ragionare. Il governo Letta-Alfano bisogna tenerlo in piedi e spronarlo a fare sempre meglio. Al tempo stesso, non si deve dimenticare che sulla politica italiana incombe ancora l’ombra di Silvio Berlusconi. Il Cavaliere ha dimostrato di saper rinascere dopo ogni disgrazia. Un posto a tavola per lui ci sarà sempre, piaccia o no agli altri commensali”.