“Guerra dei rifiuti, salva Villa Adriana”: Giovanni Valentini su Repubblica

Pubblicato il 26 Maggio 2012 - 15:18 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – La vicenda della discarica di Corcolle, a due passi da Villa Adriana (a Tivoli) è un esempio di come in Italia non si riesca a distinguere nemmeno arte e spazzatura. Giovanni Valentini su Repubbica scrive che le dimissioni del prefetto Giuseppe Pecoraro dopo le polemiche sull’ubicazione della discarica sono la giusta conseguenza di tutta la vicenda.

Siamo obnubilati a tal punto dalla crisi del sistema in cui viviamo che ormai rischiamo di ridurci all´aberrante alternativa fra spazzatura e cultura, rifiuti e beni archeologici, monnezza e patrimonio mondiale dell´umanità. Una discarica non può valere per nessuna ragione un “unicum” come Villa Adriana. E perciò le dimissioni del prefetto e “commissario delegato” Giuseppe Pecoraro, di fronte all´altolà del ministro Clini (Ambiente) e alle ambiguità del ministro Ornaghi (Cultura), sono un atto tanto apprezzabile sul piano personale quanto dovuto sul piano politico.

Quella di realizzare la nuova discarica di Roma a Corcolle, ad appena un paio di chilometri dalla storica Villa dell´imperatore Adriano protetta dall´Unesco, era evidentemente una proposta del tutto “insensata”, come l´hanno bollata gli eco-dem Ferrante e Della Seta. Non si può lontanamente immaginare, neppure in un momento di disperazione o di oblio, di trasformare un “luogo dell´anima” ovvero della contemplazione più sublime in un luogo maleodorante della putrefazione. Più che un errore o una scelta sbagliata, sarebbe stato un oltraggio alla nostra storia collettiva; un insulto a quel prezioso deposito di arte, architettura e archeologia che rappresenta tuttora la maggiore risorsa nazionale.

Al fondo di questa storia incresciosa, c´è verosimilmente una confusione mentale che impedisce di distinguere fra amministrazione pubblica, governo del territorio e sviluppo del turismo. I precedenti, purtroppo, non mancano. Chi può dimenticare il malevolo progetto di installare le trivelle petrolifere in quello scrigno del barocco siciliano che è il Val di Noto oppure intorno a quelle perle del mare che sono le Isole Tremiti al largo delle coste pugliesi? E lo stabilimento Italsider a Taranto, quello di Bagnoli a Napoli, quello della Fiat a Termini Imerese o quello di Alcoa in Sardegna? Tutte “cattedrali nel deserto” che oggi alimentano la crescente disoccupazione meridionale, dopo aver desertificato il paesaggio naturale e compromesso le potenzialità dell´industria turistica.

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