Le barzellette di Berlusconi: nascono dall’eversione del 1994 e dalla insipienza della sinistra nel 1996

di Marco Benedetto
Pubblicato il 4 Ottobre 2010 - 01:10| Aggiornato il 13 Dicembre 2011 OLTRE 6 MESI FA

Berlusconi ridanciano

Berlusconi fa il cabarettista, Bersani sembra quelli che al bar vogliono fare la nazionale. I preti sfruttano l’ennesima gaffe religiosa di Berlusconi per portare a casa, a spese nostre, privilegi (il Messaggero dà voce al millenario cinismo dei romani anticipando il prezzo: quoziente famigliare e agevolazioni alla sanità vaticana) e rispondono al rispettoso silenzio delle autorità italiane sulla piaga della pedofilia alzando le dita inanellate a farci la ramanzina, il mondo ride di Berlusconi e di noi tutti.

Indignarci, deprimerci? Servirebbe a poco. Scopriremmo infatti che era tutto già scritto e che se Berlusconi è ancora lì è certamente in parte merito suo, ma molto è anche per colpa dei suoi avversari, se facessimo un lungo rewind, fino al 1994, a quel 26 gennaio in cui, già sulla linea del ghe pensi mi, Silvio Berlusconi ci disse “scendo in campo”, un campo devastato dall’illusione eversiva quanto moralizzatrice di mani pulite (in quale paese al mondo avete mai visto dei pubblici ministeri intimare in diretta tv al Parlamento di non votare una legge?), abbandonato da una maggioranza di governo infiacchita da mezzo secolo di potere senza alternative, spazzata via da avvisi di garanzia (bei tempi, ora non bastano nemmeno i mandati di cattura).

Berlusconi era nato ed era anche, politicamente, finito, nel giro di due anni. Nel ’96, con Prodi al governo, la sinistra sarebbe stata in grado di mettere Berlusconi nell’angolo, votando il conflitto di interessi, bloccando il suo strapotere nel mercato pubblicitario (contate gli spot che vanno in onda su Mediaset, contate quelli che trasmettono i tedeschi e poi capirete perché i giornali italiani agonizzano e quelli tedeschi prosperano).

Invece si sono inventati la Bicamerale, che rimise Berlusconi all’onor del mondo, allontanò lo spettro di una legge sul conflitto di interessi e, sotto il lenzuolo di un’altra camera, più buia, fece naufragare ogni speranza di riequilibrio tra Tv e altri mezzi, a totale assoluto eterno scapito dei secondi.

C’è da dire che, a parte il disastro della pubblicità, per l’Italia è andata meglio così. Con la Bicamerale è morta la dissennata idea della repubblica presidenziale, del tutto inadatta per l’Italia. Funziona in America, perché lì tutto è federalismo, perché i partiti nascono dal basso, la separazione dei poteri vale in tutto. Quando Berlusconi parla di se stesso come l’unico soggetto politico legittimato dal voto popolare vaneggia, ma dà una interpretazione autentica di quel che può significare in Italia una simile forma di governo.

Da dopo la Bicamerale,  i partiti della sinistra hanno più volte sollecitato a Berlusconi di fare lui una legge che regolasse il suo ciclopico conflitto i interessi, proprio come se Ulisse avesse chiesto a Polifemo: “Accècati”. Cosa avreste detto leggendo una simile ingenuità, da ingenui studenti delle medie?