Colonia, violenze atto tribale? Ma siamo seri, pensiamo a…

di Redazione Blitz
Pubblicato il 12 Gennaio 2016 - 07:00 OLTRE 6 MESI FA
Colonia, violenze atto tribale? Antropologia spicciola...

Colonia, violenze atto tribale? Antropologia spicciola…

ROMA – Colonia: le aggressioni e gli abusi di massa ai danni delle donne la notte di Capodanno da parte di immigrati di origine nordafricana e araba rappresentano davvero un “atto tribale”? Sono cioè costitutivi di un certa cultura, si intende arretrata, un prodotto storico preciso? L’ardita tesi è sostenuta dal nuovo direttore de La Stampa Maurizio Molinari esplicitata in un editoriale dal titolo “Da dove viene il branco di Colonia.

Vien da ridere. Sembra di rivivere, in diretta, le cronache della Stampa degli anni ’70, quando i meridionali a Torino non erano ancora diventati più torinesi dei torinesi e finivano in tutti i titoli della Stampa su cronache di rapine e crimini assortiti. Ma che tribù: è un fatto meteorologico, metti vicino la bassa pressione del benessere e della ricchezza con l’alta pressione del bisogno, della segregazione, della discriminazione e avrai un temporale o una tempesta. Così era Torino allora, così è stato Colonia e in altre città della Germania a Capodanno.

Così era l’Italia una generazione fa, guardate questa foto con Monica Vitti dal film di Michelangelo Antonioni, l’Avventura: si svolge in Sicilia, anni ’60. Così è ancora oggi. È successo a Roma ai primi di gennaio 2016, dove un uomo ha molestato una vigilessa: non era un marocchino, era un italiano di Torre del Greco.

Pensateci prima di fare di tutt’erba un fascio, prima di volare troppo alto

La tesi di Maurizio Molinari è questa:

L’assalto di gruppo alle donne di Colonia è un atto tribale che si origina dall’implosione degli Stati arabi in Nordafrica e Medio Oriente. Il domino di disintegrazione di queste nazioni fa riemergere tribù e clan come elementi di aggregazione, esaltando forme primordiali di violenza. Regimi, governi ed eserciti si dissolvono e vengono sostituiti da capo-villaggio, assemblee tribali, milizie. Le tribù sono protagoniste del deserto dall’antichità e dai loro costumi ancestrali si originano il chador per le donne, la decapitazione dei nemici, la vendetta come proiezione di forza, il saccheggio per arricchirsi, la poligamia e il potere assoluto degli uomini sulle donne. (Maurizio Molinari, La Stampa).

Le esecrabili violenze (anche una molestia reiterata lo è) saranno giudicate da un tribunale tedesco, come giustamente auspica la cancelliera Angela Merkel che sull’accoglienza ai profughi si sta giocando parecchio del suo capitale politico: saranno cioè accertate le responsabilità individuali, come è giusto che sia in una società che si vuole anni luce distante da concezioni tribali.

Le scorciatoie sociologiche, che tutto spiegano e quindi nulla si comprende, non aiutano. Specie se si tiene conto che dei primi 32 indiziati dalla polizia tedesca, 9 erano algerini 8 marocchini, 5 iraniani, 4 siriani, 3 tedeschi, un iracheno, un serbo e un americano.

Spiace constatare, dietro la patina libresca con la erre moscia dell’analisi politico-sociale che condensa i secoli e abbraccia i continenti, una generalizzazione bella e buona. “Tribalismo amorale” potremmo chiamare la causa delle violenze indicata da Molinari, mutuando il concetto sociologico del familismo amorale introdotto da Edward Banfield nel celebre saggio “Le basi di una società arretrata” del 1958.

Lì, la società arretrata presa in esame era un paesino dell’entroterra lucano. Le critiche più aspre si fondavano giustamente sul fatto che non può essere l’etica a spiegare certi comportamenti: sono le condizioni materiali, in questo caso l’arretratezza, a spiegare il comportamento etico, e non il contrario. Mettete tutti insieme mille uomini, magari in astinenza sessuale, in condizioni di fomentarsi reciprocamente…bianchi, neri o gialli, non c’è tribù che tenga.