Grandi Opere. Chi c’è al posto di Incalza? Il fido Signorini che in vacanza…

Pubblicato il 19 Marzo 2015 - 09:54 OLTRE 6 MESI FA
Grandi Opere. Chi c'è al posto di Incalza? Il fido Signorini che in vacanza...

Ercole Incalza. Al suo posto alle Grandi Opere il fedele Paolo Emilio Signorini

ROMA – Chi è Paolo Emilio Signorini, l’erede al Ministero di Ercole Incalza, finito in carcere per ordine della magistratura di Firenze per lo scandalo dei lavori pubblici? È uno che nel luglio del 2011 si faceva pagare le vacanze al mare in Toscana dal patron del Mose, Giovanni Mazzacurati, protagonista di un altro scandalo, con relativi arresti, legato a miliardi di lavori pubblici.
Oggi, informa Fabio Tonacci su Repubblica, Paolo Emilio Signorini è l’uomo che occupa le due poltrone più importanti del dicastero delle Infrastrutture. Non è stato e non è indagato per nulla, va subito detto, ma per uno sul cui tavolo passano miliardi di nostri euro questo non basta. Lui non è un libero cittadino qualunque, è uno cui lo Stato ha affidato la cura dei nostri soldi, nostri, non dello Stato.

Per questo il ricordo di Fabio Tonacci, che conferma il racconto di Stefano Feltri e Carlo Tecce sul Fatto del 16 giugno 2014, è allarmante: di lui nelle carte dell’inchiesta della Procura della Repubblica di Venezia

“si trova un pezzo pesante del passato di Signorini, nominato capo dipartimento nel maggio 2013 dal ministro Lupi e scelto poi nel gennaio di quest’anno quale successore di Ercole Incalza alla Struttura di missione per le Grandi Opere. In pratica, è la persona cui sono affidati il presente e il futuro di tutti i grandi lavori pubblici d’Italia. Due anni fa, parlava così al telefono con Giovanni Mazzacurati, 87 anni, allora presidente del Consorzio Venezia Nuova, finito in carcere il 12 luglio 2013 per lo scandalo del Mose. Ecco la telefonata fra Signorini e Mazzacurati:

“Ingegnere sono Signorini… volevo soltanto dire che siamo arrivati, e tutto benissimo, la volevo ringraziare”.

Mazzacurati: “Ha trovato tutto, sì?”.

Signorini: “Tutto perfetto, abbiamo già fatto mezza giornata di mare”.

Poi parlano della qualità dei ristoranti di Castagneto Carducci.

Secondo il gip veneziano Alberto Scaramuzza, che ordinò l’arresto di Mazzacurati, “quel soggiorno era un «presente», che Mazzacurati aveva concesso, mettendolo sul conto del Cvn, a Signorini e a tutta la sua famiglia”.

Signorini, spiega Fabio Tonacci,

“nel 2012 era capo Dipartimento al Cipe, la “borsa” interministeriale i cui cordoni si dovevano allargare per sbloccare i milioni di euro di fondi necessari per il Mose.

In una azienda privata, la vacanza a scrocco sarebbe bastata per un licenziamento in tronco.
Tanto Mazzacurati lo amava da insistere con Incalza per nominarlo nel 2013 al Magistrato delle Acque, l’ente che ha il compito di vigilare sul Mose e sulle autorizzazioni dell’opera. «Lui andrebbe benissimo », suggeriva al telefono.

Nonostante le pressioni e le amicizie a Roma, ricorda Fabio Tonacci, “non gli riuscì!”.
Signorini, precisa Fabio Tonacci,

“non è stato indagato a Venezia e non risulta indagato nemmeno a Firenze”.

Ma c’è un ma. Come la moglie di Cesare doveva essere al di sopra di ogni sospetto, così anche chi maneggia ingenti somme di denaro dei cittadini, sangue del loro sangue estratto a forza dal Fisco, non può sbatterci davanti la fedina penale perché non basta.
L’immagine conta e i sospetti e le amicizie, Nel caso di Signorini,

“la sua carriera è annodata a doppio filo a quella di Incalza, arrestato lunedì scorso. Classe 1963, Signorini è arrivato al Mit nel 2006 come coordinatore nella Struttura di Missione. Si occupava delle istruttorie dei progetti delle Grandi Opere. Poi nel 2008 viene spostato al Cipe, che quei progetti doveva approvare e finanziare. Qui diventa coordinatore del Nars, l’organismo tecnico di consulenza nei settori aeroportuale, marittimo, postale, ferroviario dove si trova di fronte ancora Incalza, che il ministero delle Infrastrutture inviava quale proprio rappresentante, nonostante il suo ruolo di direttore della Struttura suggerisse un potenziale conflitto di interessi.
È Signorini che firma l’avviso pubblico di selezione del 28 ottobre 2013 per quel posto, remunerato con uno stipendio 136.000 euro all’anno. Richiedeva esperienze lavorative decennali in posizioni simili, «delle quali — si legge in un interrogazione parlamentare — solo il candidato Incalza risultava essere in possesso». E così è stato nominato e rimasto in carica fino al 31 gennaio scorso. Dopo aver faticato per tenere quella Struttura nell’orbita del Mit («i soldi li abbiamo difesi.. — si sente dire Incalza in un’intercettazione — ho dovuto parlare con Azzolino, Santini, Chiavaroli, Baretta… »), si impegna per pilotare la scelta del suo successore. «È bene che rimanga Signorini, io temo che la presidenza metterà qualcuno». E Signorini rimane”.

Per dire quanto sia stretto il legame tra i due, ricorda Fabio Tonacci,

“ancora il 6 febbraio, un mese e mezzo fa, Lupi chiedeva a Incalza, che in teoria non aveva più incarichi, di avvisare Signorini dell’assenza nella lista delle opere trasmesse al Cipe del progetto della SS106. E il 25 febbraio è Antonio Bargone, ex sottosegretario ai Lavori Pubblici, a lamentarsi con Incalza perché il suo pupillo «non è sollecito nel rispondere alle sue richieste»”.