Matteo Renzi “denigra gli avversari”. Sulla via di Minculpop e Cominform

di Sergio Carli
Pubblicato il 8 Maggio 2014 - 12:04 OLTRE 6 MESI FA
Matteo Renzi "denigra gli avversari". Sulla via di Minculpop e Cominform

Matteo Renzi ad Amici con Maria De Filippi

ROMA – C’è qualcosa, nello stile polemico di Renzi

“che inquieta, perché travalica la questione di stile: un ricorso troppo frequente alla denigrazione”.

Antonio Polito lo ha fatto notare dalla prima pagina del Corriere della Sera, dando voce a un disagio, anzi un fastidio, che molti italiani provano ascoltando gli insulti proferiti da Matteo Renzi con la sua voce in falsetto, o anche, come accade il più delle volte, leggendo su giornali e siti la amplificazione stile Minculpop o Cofinform delle frequenti banalità ammanniteci via social network.

Antonio Polito parte con due esempi:

1. Il sindacato:

“Per molti italiani, e non da oggi, il sindacato è effettivamente un fattore di conservazione sociale e di freno al cambiamento”.

2. Piero Pelù: “Solo per pochissimi italiani il signor Piero Pelù merita di essere preso sul serio quando si abbandona alle sue elucubrazioni storico-politiche, soprattutto quando ha un libro in uscita”.

Invece, sia l’uno sia l’altro, sono stati zittiti da Matteo Renzi e dai suoi “infaticabili ventriloqui”, in un modo che

“non dovrebbe piacere a nessuno “.

“Fateci caso”, prosegue Antonio Polito:

“Chiunque muova critiche al governo viene additato come portatore di un interesse personale e poco nobile che spiegherebbe la vera ragione del suo dissenso.

“La Cgil parla contro il decreto sul lavoro perché gli è stato tagliato il monte ore dei permessi sindacali; il cantante dal palco del Primo Maggio rompe perché ha perso un incarico retribuito a Firenze; i funzionari del Senato, che per dovere d’ufficio devono dare un parere sui decreti, dichiarano i loro dubbi sul bonus di 80 euro solo per vendicarsi della imminente riforma del Senato. E via dicendo. A tutti viene di solito rinfacciato che per il loro lavoro ricevono un compenso, come se fosse un’aggravante.

“Invece di impegnarsi sul terreno della discussione trasparente e nel merito, che accetta la buona fede dell’avversario, sempre più spesso si ricorre a quella che gli americani chiamano character assassination, la denigrazione pubblica: in pratica una forma di gogna mediatica che offre a una piazza sempre più incattivita un capro espiatorio con cui prendersela.

“E non è solo una questione di bon ton: il dilagare di questo stile, che a dire il vero non ha inventato Renzi ma che Renzi sta sublimando, rischia infatti di restringere quella che Habermas ha chiamato la «sfera pubblica», e cioè l’ambito in cui gli individui possono esercitare la loro critica contro il potere dello Stato.

“In un’epoca in cui i Parlamenti non contano più molto, e l’unico vero dibattito pubblico si svolge sui media, l’esito è un impoverimento della qualità della democrazia, che per essere tale ha bisogno di una cittadinanza attiva, informata e vociferante.
Se infatti chiunque dica la sua, magari anche in nome di interessi corporativi o di categoria (come è spesso nel caso dei sindacati, compresi quelli dei giudici e dei prefetti), viene dichiarato non attendibile perché sta solo difendendo un privilegio personale, il nuovo potere è legittimato a non ascoltare più il dissenso, ergendosi a unico e infastidito interprete della «volontà generale».

“Non è proprio il modo in cui funzionano le società aperte e liberali. È piuttosto un corto circuito che abbiamo visto spesso all’opera nelle rivoluzioni. Ci auguriamo che non sia a questo che si riferisce il premier quando dice che sta facendo «una rivoluzione»”.