Migranti, Minniti vanta -30% sbarchi, ma è allarme Frontex: nuove rotte, scafisti alla riscossa

di Redazione Blitz
Pubblicato il 6 Novembre 2017 - 08:32 OLTRE 6 MESI FA
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Migranti, gli sbarchi non sono finiti. Nonostante le parole di Minniti (foto Ansa)

ROMA – Migranti, profughi e clandestini. Ha ragione Marco Minniti, ministro dell’Interno, che vanta un calo del 30% degli sbarchi rispetto al 2016 o la agenzia europea Frontex che dà l’allarme sul rischio di un aumento delle partenze dalla Libia nelle prossime settimane?

Minniti è andato in redazione al Messaggero di Roma e ha parlato da statista:

“La diffidenza e la paura sono sentimenti legittimi, ma devono essere capiti e gestiti. L’accoglienza ha un limite, perciò abbiamo lavorato sul governo dei flussi che nell’ultimo anno sono diminuiti del 30,13%”. “La paura è un sentimento profondo. Il compito di una democrazia, di una cultura riformista, è ascoltare quelli che hanno paura, senza biasimarli”, “il populismo invece soffia sulla paura”.

Non c’è, afferma Minniti e riferiscono Valentina Errante e Cristiana Mangani, nessuna “emergenza”. Sull’emergenza, valutazione di carattere politico, cresce il populismo”. “Gli sbarchi sono in netta diminuzione”, “stiamo governando il fenomeno”, e cita le cifre: “il 5 di luglio il dato era +19%, e ricordo che c’era giustamente tensione. Si parlava di 250 mila persone pronte a partire. Da luglio a oggi sono circa il 50% in meno. Il mese di ottobre era il più delicato: l’anno scorso sono arrivate 27.384 persone, il picco più alto. Quest’anno sono state 5.984, meno 78%”.

Un anonimo funzionario del Ministero dell’Interno toglie un po’ la sedia da sotto al ministro e confida a Vladimiro Polchi di Repubblica:

“Monitoriamo l’evolversi della situazione in Libia e registriamo una piccola riapertura della rotta tunisina. Ma siamo ben lontani dall’emergenza del 2016”. Le ultime settimane hanno rialzato l’allerta: preoccupa la riprese, seppure contenuta, dei flussi e l’instabilità crescente in Libia.
Nell’ultimo report di Frontex, l’agenzia europea delle frontiere disegna diversi scenari futuri, dove soprattutto le tensioni libiche rischiano di innescare un «possibile aumento del numero di partenze nelle prossime settimane».
Sono numeri ancora lontani dall’anno scorso, quando si registrò la cifra record di 181mila sbarchi. Al 3 novembre di quest’anno sono state 111.716 le persone arrivate via mare in Italia, rispetto alle 159.534 dello stesso periodo del 2016, con un calo di quasi il 30%.

Da dove vengono? In testa i nigeriani con oltre 17mila arrivi, seguiti dai migranti della Guinea (oltre 9mila), Costa d’Avorio (oltre 8mila), Bangladesh (8mila) e Mali (6mila).
«Il problema è che tutta la partita degli sbarchi si gioca oggi con attori libici ben poco controllabili — spiega a Polchi Christopher Hein, docente di diritto e politiche dell’immigrazione alla Luiss e già direttore del Consiglio italiano rifugiati — non c’è infatti nessuna certezza che il calo degli arrivi via mare che si registra da luglio scorso sia strutturale, proprio perché è frutto della collaborazione dell’Italia e dell’Unione europea con comunità, municipalità e milizie libiche che si muovono in modo assai poco istituzionale e non garantiscono dunque una situazione stabile»

Conferma Valentino Di Giacomo sul Mattino di Napoli che “la stretta del Viminale non frena i flussi nuove rotte per i trafficanti. Ora si parte dalle spiagge ad est di Tripoli”. È vero che “le rotte fino ad ora più battute non sono più utilizzate con frequenza: a Sabratah, Zuara, Ez Zuia di carrette del mare se ne vedono sempre meno pronte a partire. Una buona notizia, ma non del tutto. Per non incappare nelle motovedette dei guardiacoste i trafficanti utilizzano lembi di coste più distanti, hanno aperto più fronti per evitare i controlli: se prima il tratto di mare da pattugliare era di circa 200 chilometri, ora è quasi il doppio”.