Rai, dirigenti a loro insaputa oppure sapevano delle ragazze dell’est?

di Lara Volpi
Pubblicato il 24 Marzo 2017 - 10:26 OLTRE 6 MESI FA
Paola Perego: "Dirigenti Rai sapevano". Campo Dall'Orto nega e protegge Fabiano

Paola Perego: “Dirigenti Rai sapevano”. Campo Dall’Orto nega e protegge Fabiano

MILANO – I dirigenti Rai sapevano o no della scaletta del programma di Paola Perego prima della messa in onda? Erano a conoscenza della lista delle ragazze dell’est oppure è andata in tv a loro insaputa? “I dirigenti Rai sapevano” del programma sulle donne dell’Est, e “l’hanno approvato”. “Non è vero, la cosa non era arrivata al direttore di Rai Uno”. Questo in sintesi il botta e risposta tra Paola Perego, capro espiatorio di un polverone suscitato da un programma indubbiamente discutibile ma tutt’altro che unico nel panorama della tv italiana, e Antonio Campo Dall’Orto, direttore generale della tv di Stato. Ovvero dei contribuenti italiani.

Un botta e risposta che in realtà non dà risposte. Perché molti si domandano: se un dirigente viene pagato fior di soldi per fare il dirigente, non dovrà appunto dirigere, e quindi controllare quel che fanno i suoi sottoposti?

In Italia siamo poco abituati ai dirigenti (ma anche ai politici, e non solo) che si prendono le responsabilità di quel che fanno e se ne vanno. Figurarsi a manager che si prendono le responsabilità di chi è loro dipendente.

“Non faccio polemiche, quello che vi posso assicurare dal punto di vista delle analisi interne, come è giusto che sia, con tutti i profili di responsabilità, è che la cosa non era arrivata al direttore di Rai Uno“, Andrea Fabiano, ha fatto sapere il direttore generale della tv di Stato, Campo Dall’Orto, dopo l’eco dell’intervista rilasciata da Paola Perego alle Iene.

“Con tutti i profili di responsabilità”. Responsabilità che, per esempio, nel giornalismo, prevede che il direttore responsabile sia, appunto, responsabile, di quanto viene pubblicato sul suo giornale. Altrimenti risponde del reato di omesso controllo.

Paola Perego sostiene che i dirigenti le hanno “approvato questo argomento e mi hanno cassato il femminicidio perché non era con la linea editoriale”. Una affermazione forse vera forse no, sicuramente plausibile: se non sono i dirigenti ad approvare i programmi, chi li dovrebbe approvare?

In una lettera al Messaggero, Campo Dall’Orto replica:

I contenuti di quel programma non erano leggeri, ma grevi; l’ironia non era contemplata; al contrario, vi era una artefatta “serietà” proiettata su una visione inaccettabile della donna. Quando si parla a molti è obbligatorio chiedersi e richiedersi cosa si sta dicendo e, soprattutto, come lo si sta dicendo. Le dico cose ovvie,ma che vale la pena ripetere. Mi riconosco nei valori fondanti del Servizio Pubblico, valori che, a mio giudizio, negli ultimi anni si erano un po’ diluiti nell’inseguimento di logiche commerciali. Solo partendo dai nostri valori si può affrontare la sfida dell’innovazione e del cambiamento. Inoltre, non bisogna accontentarsi di rispondere alla domanda su cosa sia “accettabile” per il Servizio Pubblico. La domanda deve essere: cosa è necessario e desiderabile per il Servizio Pubblico? Ritengo che i contenuti di cui stiamo parlando fossero lontani anni luce dall’essere desiderabili o necessari e che uscissero anche dal perimetro dell’”accettabile”. E dunque si è deciso di interromperne la programmazione. Il moltiplicarsi delle opinioni e la decisione percepita come improvvisa hanno fatto sì che diventasse un caso.