Papa Francesco, attacco alle pensioni, banalità e odio sociale ispirato da…

di Sergio Carli
Pubblicato il 28 Giugno 2017 - 13:48 OLTRE 6 MESI FA
Papa Francesco, attacco alle pensioni, banalità e odio sociale ispirato da...

Papa Francesco, attacco alle pensioni, banalità e odio sociale ispirato da… (foto Ansa)

ROMA – Da Cronaca Oggi.

Papa Francesco, attacco alle pensioni, oltre i limiti del tollerabile e della consueta insalata di banalità che escono dalla bocca di Bergoglio. Eccole:

1 “Le ‘pensioni d’oro’ sono un’offesa al lavoro non meno grave delle pensioni troppo povere, perché fanno sì che le diseguaglianze del tempo del lavoro diventino perenni”.

In altre parole, se hai lavorato tanto, se hai fatto carriera sei stato uno stronzo. Meglio fare poco, poi arriva il Papa e ti fa aumentare la pensione.

E gli altri? Da rottamare. L’ultima versione dell’odio sociale non è più contro i padroni, i padroni possiedono i giornali e possono servire, Il nemico sono quelli come te che sono stati un po’ più bravi di te e magari ti hanno anche fatto lavorare un po’, il nemico è quello della scena finale di Novecento, il fattore infilzato, i padroni in carrozza che se la filano. Di questa nuova stagione dell’odio sono grandi interpreti Andrea Orlando e i suoi seguaci, come quel Zingaretti che ha appena regalato un milione a uno spettacolo abbastanza disastrato messo su dai creditori di Berlusconi. Per la cronaca, la linea di Orlando è stata fragorosamente stroncata dagli elettori della sua città, La Spezia, più roccaforte rossa di Sesto San Giovanni, dove il Pd dominato da Orlando ha perso 60-40.

La cosa buffa è che il Papa sembra ignorare che i cappellani militari godono anche loro di pensioni ultra d’oro, ben superiori alla corrispondenza dei contributi versati.

2 È “urgente un nuovo patto sociale per il lavoro, che riduca le ore di lavoro di chi è nell’ultima stagione lavorativa, per creare lavoro per i giovani che hanno il diritto-dovere di lavorare”.

Demagogia blaterata da anni sessanta. Un papa argentino, immerso nella cultura peronista, un connubio perfetto con i postumi del ’68.

E vai con la storia del lavoro come diritto. Li leggono i giornali Papa Francesco e i suoi ghost? Quanti posti restano scoperti perché non piacciono o non si trovano le competenze?

E poi, allora, che ci sta a fare questo Papa, che ormai ha più di 80 anni? Lasci il posto, magari a metà tempo, a un Papa più giovane, magari nero…non perché gesuita ma proprio perché Africano.

3 Nel lavoro “la donna è di seconda classe, guadagna di meno, è più facilmente sfruttata, fate qualcosa”.

Fiera cazzata. Se la donna fa lo stesso lavoro dell’uomo prende uguale. Le donne spesso rinunciano alla carriera per seguire altri disegni, figli e famiglia. Puoi dire che la società, lo Stato, dovrebbero mettere le donne in condizione di poter fare carriera pur essendo spose e madri. Ma questo non riguarda gli stipendi.

Il Papa parlava ai sindacalisti della Cisl, guidati dal segretario generale Annamaria Furlan, ricevuti in occasione del congresso nazionale.  La Cisl, sindacato a impronta cattolica contrapposto alla social comunista Cgil e alla social repubblicana Uil, è stata in questo dopoguerra da un lato cinghia di trasmissione democristiana, dall’altro focolare di un sinistrismo molto retro.

Emblema era Carlo Donat Cattin, ministro democristiano e leader di una sinistra sindacale che ha fatto bei danni all’ Italia. Ricordate quellla del salario variabile indipendente? O del lavorare meno lavorare tutti?

Il Papa, o il suo ghost writer, ne aveva anche per i sindacalisti: “Nelle nostre società capitalistiche avanzate il sindacato rischia di smarrire la sua natura profetica, e diventare troppo simile alle istituzioni e ai poteri che invece dovrebbe criticare, alla politica, o meglio, ai partiti politici, al loro linguaggio, al loro stile”.

Perché questa sciocca sparata? Chi glielo ha suggerito? Lui si è circondato di preti come mons. Nunzio Galantino, già vescovo della nota diocesi di Cassano allo Jonio, che ora è segretario della Conferenza dei Vescovi italiani e che fa parte di un gruppetto di consiglieri del papa che già qualche scivolone di hanno fatto fare. La cosa più ridicola sono state le telefonate al fondatore di Repubblica, Eugenio Scalfari, non per quello che rappresenta Scalfari ma per l’ottica decisamente provinciale della scelta. Un Papa che vuole cambiare la Chiesa parla col direttore del New York Times o della Asahi Tribune, non di Repubblica. A meno che questo non sia un passo nella ripresa della ingerenza delle cose italiane, come in varie occasioni (specie fiscali) è anche avvenuto.