Renzi: che c’è di vero e meno nella sua guerra a gufi e talk

Pubblicato il 2 Marzo 2016 - 13:53 OLTRE 6 MESI FA
Renzi: che c'è di vero e meno nella sua guerra a gufi e talk

Renzi: che c’è di vero e meno nella sua guerra a gufi e talk

ROMA – Renzi può vantare i meriti di cui si fregia in un post su Facebook rivolto, con uno stile un po’ rozzo, degno più delle convalli da cui proviene che di un capo di Governo, a “gufi e talk”. Almeno Mussolini plemizzava con le grandi potenze e i complotti internazionali, qui siamo a Floris, Giannini e Porro.

Con stile pacato Stefano Lepri sulla Stampa analizza le affermazioni di Matteo Renzi, con una specie di gioco del vero e falso.

1. La crescita era stata prevista nella misura dello +0,7%. La crescita è stata invece del +0,8%. Il governo Monti aveva chiuso con -2,3%; il Governo Letta con -1,9%». Ma è davvero così?

Durante l’anno il governo aveva puntato a raggiungere l’1%, e anche centri studi indipendenti ritenevano possibile avvicinarvisi. Poi nella seconda metà del 2015 c’è stato un rallentamento che investe tutti i Paesi. Comunque sia, l’Italia resta tra i Paesi che crescono di meno (per confronto: Francia +1,2%, Germania +1,7%). Privo di senso è il paragone con i governi precedenti, in carica durante una fase molto peggiore della crisi.

2. Ha ragione Renzi quando dice che «il deficit pubblico è sceso per la prima volta da anni sotto il 3%: quest’anno abbiamo fatto il 2,6%»?.

Vero. Ma il merito va ai bassi tassi di interesse della Bce. Nel 2015 abbiamo avuto 5,7 miliardi in meno di deficit a fronte di 5,9 miliardi di calo degli interessi sul debito.

3. Il Jobs Act è stato veramente un «boom impressionante» come sostiene il premier con quasi mezzo milione di posti stabili in più in due anni?

Il Jobs Act è in effetti il maggior successo del governo Renzi; i suoi critici di sinistra si arrampicano sugli specchi per non vederlo. Ma le nuove assunzioni a tempo indeterminato sono soprattutto dovute agli sgravi fiscali, temporanei. Ovvero, se le condizioni economiche non miglioreranno, negli anni prossimi una parte dei posti potrà scomparire. Dati Istat esatti degli ultimi 12 mesi: dipendenti fissi +429.000; dipendenti precari +22.000; autonomi -149.000.

4. Nella lotta all’evasione fiscale il 2015 è stato l’anno record con 14,9 miliardi recuperati dallo Stato, come dice il presidente del Consiglio?

Sono i dati forniti dalla Agenzia delle Entrate, di cui non è noto il dettaglio. Non necessariamente tutto l’incasso è dovuto a leggi e normative del Governo attuale. Va certo a merito del Governo Renzi, invece, l’incremento del gettito dallo «split payment» dell’Iva, circa 2 miliardi, non inclusi in quel conteggio.

5. «Cottarelli aveva proposto 20 miliardi di spending review» dice Renzi che poi aggiunge: in due anni abbiamo fatto tagli per 24,9 miliardi, di cui la stragrande maggioranza a livello di governo centrale. Il paragone è corretto?

Non è un confronto rigoroso. La cifra di 24,9 miliardi uscita dal ministero dell’Economia somma tutti i tipi di interventi per contenere la spesa: sia misure davvero durature, sia misure che potrebbero rivelarsi temporanee, sia ripulitura dei bilanci da somme che non sarebbero state mai erogate davvero.

6. Renzi sostiene di aver impedito «ogni aumento di tasse e bloccato anche l’aumento delle tasse locali». Ha ragione?

La pressione fiscale è in effetti un poco diminuita nel 2015, al 43,3% dal 43,6% dell’anno precedente.

7. È vero che l’export nel 2015 è cresciuto del 4,3%, più delle previsioni?

Sì, si tratta di un risultato buono dato che l’anno scorso il commercio mondiale è cresciuto poco: del 2,6% secondo la stima del Fondo monetario, del 2% secondo la stima dell’Ocse. L’Italia ha quindi accresciuto la sua quota. Ma nel contempo sono cresciute più rapidamente le nostre importazioni, +6%, il che testimonia una fragilità di fondo.

8. È giusto il dato sulla crescita dei mutui: 97%?

Sì ma a spingere le famiglie all’acquisto di case nel 2015 è stata la combinazione dei bassissimi tassi di interesse dovuti alla Bce e di prezzi al metro quadro ancora in calo. L’influsso dell’abolizione della Tasi dagli economisti viene ritenuto modesto o nullo.