Renzi deciso al muro contro muro: “Se salta Mogherini noi candidiamo D’Alema”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 16 Luglio 2014 - 10:16 OLTRE 6 MESI FA
Federica Mogherini

Federica Mogherini

ROMA – “Renzi deciso al muro contro muro” scrive Alberto D’Argenio di Repubblica: “È un pomeriggio di fuoco a Palazzo Chigi. Le linee sono letteralmente roventi. Dopo che un fronte di 11 Paesi, prevalentemente dell’Est, si è coagulato contro la candidatura della Mogherini a ministro degli Esteri dell’Unione, Matteo Renzi sente Angela Merkel, Herman Van Rompuy e Francois Hollande”.

A tutti Renzi ripete lo stesso discorso: “L’accordo è che alla famiglia socialista spetta l’Alto rappresentante e che all’interno della famiglia socialista sarà l’Italia ad avere la prima scelta. Dunque tocca a noi e per me ci sarà una Lady Pesc, Federica Mogherini”.

Renzi, scrive D’Argenio “vuole giocare la partita fino in fondo. Renzi questa sera sarà a Bruxelles alla cena con gli altri leader che devono decidere le ultime nomine europee dopo che ieri Strasburgo ha dato la fiducia a Jean Claude Juncker, nuovo presidente della Commissione Ue che entrerà in carica a novembre”.

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Ma la partita italiana è in salita. Fino a cinque giorni fa tutte le Cancellerie concordavano che la Mogherini sarebbe stata nominata a capo della diplomazia europea. Poi le acque si sono rapidamente increspate. Tanto che Van Rompuy, presidente del Consiglio europeo uscente incaricato dai leader di trovare la quadra sulle nomine, ha iniziato a manifestare a Roma le proprie perplessità: «La Mogherini – era il messaggio recapitato tramite canali diplomatici – non ha abbastanza esperienza. Temo che non passerà». Facendo sapere che il modo per uscire dell’impasse era quello di candidare Enrico Letta alla presidenza del Consiglio europeo, o a Mr Pesc. «Tutti lo accetterebbero all’istante». Ma da Roma è arrivato un “no” secco.
A quel punto, si racconta su regia della Polonia, il fronte anti-Mogherini si è organizzato arrivando a contare 11 paesi, anche se ora Varsavia si sta allontanando da questa linea. Prevalentemente dell’Europa orientale, ma con le spalle coperte da Londra e da alcuni ambienti di Berlino. Tanto che ieri Elmar Brock, luogotenente di Angela Merkel a Strasburgo, ripeteva ai colleghi italiani: «Dopo la Ashton serve una persona che abbia esperienza e network internazionale». Il fronte del no accusa poi la candidata italiana di non avere il curriculum per trasformare l’evanescente figura del ministro degli Esteri Ue in qualcosa di incisivo. E le capitali dell’Est le rinfacciano posizioni troppo vicine alla Russia di Vladimir Putin, dopo la crisi Ucraina il nemico numero uno delle Cancellerie dell’Est spaventate dal neo imperialismo russo e favorevoli a inasprire le sanzioni contro Mosca. Alla Mogherini viene rimproverato di avere rassicurato Putin su South Stream, la pipeline di fatto bloccata dall’Europa dopo la crisi Ucraina perdiminuire il potere di ricatto sul gas con il quale il Cremlino sfida l’Unione.
C’è un episodio che spiega plasticamente quanto la partita per l’Italia sarà difficile: ieri la bulgara Kristalina Georgieva, attuale commissario Ue in quota Ppe e competitor della Mogherini, non poteva circolare per i corridoi del Parlamento europeo senza che colleghi ed europarlamentari la fermassero per farle le congratulazioni per la carica che, pronosticavano, le sarà assegnata questa sera. Uno smacco per l’Italia, visto che Van Rompuy è intenzionato a decidere solo Mr Pesc, lasciando le altre nomine, il presidente del Consiglio europeo e quello dell’Eurogruppo, a un al- tro vertice a fine mese. Dunque Roma rischierebbe di uscire a mani vuote dopo avere dato per fatta la nomina della Mogherini.
Renzi non si rassegna, come testimoniava ieri il sottosegretario Sandro Gozi: «Se ci saranno obiezioni anche l’Alto rappresentante, come già Juncker, sarà designato a maggioranza». Insomma, l’Italia è pronta a sfidare il blocco dell’Est al voto all’interno del Consiglio europeo, come Cameron fece per bloccare Juncker rimanendo in compagnia del solo ultranazionalista ungherese Orban. Ma superare lo scoglio non di due, ma di dieci paesi, può rivelarsi ancora più difficile. Renzi si prepara alla battaglia, conta sul lavoro di network che ha fatto nelle ultime settimane. «Ci dicono che abbiamo un feeling con la Russia? Ma quando mai!», commentava ieri il premier con i suoi. «La Lituania (unico Paese ad essere uscito allo scoperto contro la Mogherini, ndr) dice di no? Bene, ne prendo atto». E ancora, «C’è un problema con l’Italia? C’è un problema con il Partito socialista europeo? Mi dicono di no. Se il problema è con la Mogherini, parliamone. Se dicono che è troppo giovane parliamone». Ma a Palazzo Chigi c’è il sospetto che la manovra contro la candidata di Renzi sia stata orchestrata dai partner per portare Enrico Letta a Bruxelles. E su questo il premier è categorico, non vuole che siano gli altri a scegliere il futuro uomo italiano in Europa: «Per me ci sono solo la Mogherini e D’Alema».
Discorso che Renzi ha fatto sia alla Merkel che a Van Rompuy. Ma entrambi hanno sonoramente bocciato il nome di D’Alema, che in molte Cancellerie, e anche Oltreoceano, non è apprezzato per le posizioni sul Medio Oriente. Se domani le posizioni rimarranno bloccate, Renzi è pronto a rinunciare a Mr Pesc solo in cambio di qualcosa di altrettanto importante. Non il commissario all’Economia, visto che l’Italia ha già Draghi alla Bce e che c’è un accordo per darlo al socialista francese Moscovici: «E lui va benissimo, la Francia farà qualsiasi cosa per la flessibilità sui conti e la crescita », è la valutazione del governo. I partner dovranno offrire qualcosa di grosso, e gradito al premier, per evitare di rimanere tra le secche.
Renzi questa sera si presenterà al summit così: «Dovete dire no all’Italia e no al Pse. Ma sappiate che dentro al Pse il Pd è il partito più forte e che tutti sono d’accordo a darci l’Alto rappresentante. Perché non va bene la nostra candidata? Perché non va bene la candidata dei socialisti? Ce lo devono spiegare». Ecco il guanto di sfida che lancerà ai colleghi, forte di una convinzione: «Perché la Merkel e gli altri – è il ragionamento che gira a Palazzo Chigi – devono mettere un dito nell’occhio all’Italia per fare un favore alla Bulgaria?». Tutto questo il premier lo ha già detto ai partner che ha sentito al telefono nelle ultime ore, a Van Rompuy ha ricordato che «l’Italia è un Paese fondatore dell’Unione e ogni anno versa 24 miliardi al bilancio europeo». E di fronte alle perplessità del chairman dei vertici Ue, ha salutato: «Herman, ci risentiamo domani mattina (oggi, ndr)». Consegnando poi ai suoi un messaggio di battaglia: «Non so se la cena di Bruxelles si chiuderà con una decisione». Di certo sarà una lunga notte.