Vasto, se anche il vescovo fa demagogia: “Giustizia lenta”. Processo in 10 mesi è un record

di Redazione Blitz
Pubblicato il 4 Febbraio 2017 - 07:00 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Vasto, il vescovo si unisce al coro demagogico: “Giustizia lenta”. Processo in 10 mesi è un record. Una vendetta, quella del marito disperato di Vasto che ha freddato con tre colpi di pistola l’investitore di sua moglie, armata da chi? Il giorno dopo la tragedia, oltre a Fabio Di Lello, l’omicida finito in carcere a meditare sulla follia di estendere dolore tormento ad altre due famiglie, sono finiti sul banco degli imputati del tribunale mediatico nell’ordine la campagna d’odio cittadina, il linciaggio social, la magistratura lenta.

Proprio sui magistrati ha puntato i suoi strali una guida autorevole e ascoltata come quella dell’arcivescovo di Vasto Bruno Forte: “Con un intervento rapido della giustizia e una punizione esemplare” la tragedia si sarebbe potuta evitare, ha dichiarato. “La magistratura deve fare il suo corso ma nel modo più rapido possibile. Una giustizia lenta è un’ingiustizia”.

Parole sante, verrebbe da dire, non fosse per una certa approssimazione nella conoscenza dei fatti che rischia di assimilare la sua voce a quelle dei tanti che hanno discettato di giustizia pontificando un po’ a vanvera. Malagiustizia e responsabilità dei magistrati possono essere evocate a Pavia dove per gli errori dei giudici il processo per una rapina in auto con martello e pistola è durato dieci anni e finito con una assoluzione dei due bulgari già condannati in primo grado perché le vittime nel frattempo avevano rimosso i particolari del delitto che avrebbero dovuto ripetere in tribunale.

Ma nel caso di Vasto si può affermare da un pulpito che la giustizia è stata lenta? Facciamo rispondere il capo della Procura vastese, Giampiero Di Florio: “Le indagini sono durate 110 giorni dalla data dell’incidente, l’udienza davanti al Gup era prevista il 21 febbraio: direi che ci sono tutti i tempi rapidi per arrivare a una sentenza, in meno di otto mesi. Nessuna lentezza, ma anzi, al contrario, questo procedimento evidenzia la celerità di un tribunale come quello di Vasto nella trattazione dei processi”.

E’ utile ricordare all’arcivescovo che il rispetto assoluto delle procedure è condizione imprescindibile di garanzia non solo per gli imputati, ma per tutti? O dobbiamo credere che anche l’arcivescovo quando chiede giustizia vuol dire carcerazione preventiva?

E cioè, in galera subito, per placare la rabbia, e poi si vedrà, e nonostante il ragazzo la sera dell’incidente guidasse a poco più cinquanta all’ora, non fosse né drogato né ubriaco, non fosse fuggito e insomma non c’era un solo appiglio per rinchiuderlo prima del giudizio in tribunale, se non attraverso la logica della corda insaponata. (Mattia Feltri, La Stampa)