YOUTUBE-FOTO Boss Antonio Pelle spunta da dietro l’armadio

di redazione Blitz
Pubblicato il 6 Ottobre 2016 - 10:35 OLTRE 6 MESI FA
Boss Pelle spunta da dietro l'armadio

Boss Pelle spunta da dietro l’armadio

BENESTARE – Antonio Pelle era uno dei cento ricercati più pericolosi. Il boss dell’ndrangheta e capo dell’omonima cosca di San Luca, è stato stanato nell’appartamento di famiglia a Ricciolo di Benestare in provincia di Reggio Calabria, nascosto sopra all’armadio. Quando la polizia ha fatto irruzione nel rifugio-bunker costruito fra il bagno e la camera da letto del figlio, il boss latitante è spuntato dall’armadio, gesticolando e inveendo contro gli agenti.

Pelle è soprannominato “vancheddu” e conosciuto anche come la “mamma”. Ritenuto il capo dell’omonima cosca di San Luca, è stato arrestato dalla squadra mobile di Reggio Calabria. Era latitante dal 2011 quando fuggì dall’ospedale di Locri. Deve scontare una condanna a 20 anni di reclusione. Il suo nome era nell’elenco dei 100 ricercati più pericolosi e stava per essere inserito nei primi 10. E’ stato trovato in un bunker sotterraneo dal quale si accedeva da una intercapedine realizzata tra la stanza da letto ed il bagno della sua abitazione. Un nascondiglio realizzato con estrema cura, tanto che gli agenti della squadra mobile reggina hanno impiegato diverse ore per individuarlo.

Lo cercavano da quando beffando tutti, era evaso dall’ospedale di Locri dove era ricoverato per anoressia. La seconda latitanza del boss Antonio Pelle, capo dell’omonima cosca protagonista della faida di San Luca culminata nella strage di Duisburg del Ferragosto 2007, è finita la mattina del 5 ottobre nell’appartamento di famiglia. Fedele alla tradizione che i boss non si allontanano mai dal proprio territorio, si era fatto costruire un rifugio in una intercapedine. Ci hanno messo ore gli agenti della Squadra mobile di Reggio Calabria e dello Sco di Roma, con il supporto tecnico del Servizio polizia scientifica, per riuscire ad individuare l’ ingresso, ma alla fine ce l’hanno fatta ed a Pelle non è rimasto altro che uscire dal suo covo – scivolando sopra l’armadio da dove si accedeva al piccolo vano – e farsi nuovamente ammanettare, così come era successo nel 2008. Anche in quella occasione, il boss era in un bunker – allora sotto terra – dove già da un anno cercava di sottrarsi alla giustizia.

“Questo dimostra, ancora una volta che nessuno può sfuggire per sempre alla giustizia” è stato il commento del ministro dell’Interno Angelino Alfano. Pelle deve scontare 20 anni ed un mese di reclusione, con sentenza già passata in giudicato, per associazione mafiosa, traffico di armi e stupefacenti. La prima volta Pelle fu arrestato perché destinatario di un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip su richiesta della Dda nell’inchiesta “Fehida” contro le cosche Pelle-Vottari e Nirta Strangio. Pelle è stato poi condannato per associazione mafiosa, ma non per fatti di sangue. In ogni caso è ritenuto dagli investigatori “il capo di quello schieramento che ha portato all’omicidio di Maria Strangio nel Natale del 2007 e che ha suscitato la reazione delle cosche opposte culminata con la strage di Duisburg” in cui morirono sei persone ritenute legate proprio ai Pelle.

Agli atti dell’inchiesta sulla strage di Duisburg, infatti, ci sono intercettazioni dalle quali gli investigatori si sono convinti che una delle vittime di Ferragosto, Marco Marmo, si era recato in Germania per procurare un furgone blindato ed un fucile di precisione che gli erano stati chiesti dalla “mamma”. Il mezzo e le armi dovevano servire per uccidere Giovanni Luca Nirta, capo dell’omonima famiglia e marito e vero obiettivo dei sicari entrati in azione nel Natale 2006 quando fu uccisa la moglie, Maria Strangio. Un delitto che scatenò la reazione dei Nirta-Strangio con la strage di Duisburg.

In carcere, Pelle, però, ci era rimasto poco. Una continua perdita di peso, che lo portò anche a presentarsi in barella ad alcune udienze del processo, spinse i consulenti della Corte d’assise di Reggio Calabria a stabilire l’incompatibilità col carcere per una grave forma di anoressia sopraggiunta ad una prima anoressia autodeterminata per il rifiuto volontario ad assumere cibo. Ma quella anoressia altro non era che un escamotage per uscire di cella. Da alcune intercettazioni ambientali, infatti, gli investigatori capirono che nei mesi precedenti Pelle aveva abusato – forse con complicità all’interno del carcere – di farmaci dimagranti puntando “a scendere velocemente sotto i cinquanta chili, così mi mandano ai domiciliari”. E così avvenne. Pelle, poi, approfittò del fatto di non essere piantonato in ospedale, ma di ricevere controlli durante la giornata da parte delle forze dell’ordine, per uscire con le sue gambe e darsi alla macchia. Fino ad oggi e al nuovo “incontro” con la polizia (foto Ansa).