La vendita di Huffingtonpost a Aol nel racconto di Zucconi, Gaggi, Platero

Pubblicato il 18 Febbraio 2011 - 00:25 OLTRE 6 MESI FA

I giornali italiani hanno dedicato ampie cronache, inesorabilmente trionfalistiche e acritiche, alla vendita dell’Huffingtonpost.com ad Aol.

Il più bravo è come quasi sempre Vittorio Zucconi, che riassume la storia così: “Da zero a 315 milioni di dollari in quattro anni, da un gruppetto di devoti lettori nelle catacombe dei blog a una “nazione” di 30 milioni di frequentatori, la stella di “Arianna la Rossa”, rossa per tintura di capelli e per colore politico, brilla come nessun’altra ormai nel cielo dell’informazionevia Internet.
“Ateniese per nascita, inglese per formazione, americana per matrimonio e milionaria per divorzio, «femminista femminile» come si definì un un’autobiografia, Arianna Stassinopulos in Huffington è  associata al venerabile gruppo di America OnLine, che le ha versato appunto 315 milioni per rianimare la propria scuderia di siti e servizi in difficoltà e ormai scavalcati dalla schiacciante supremazia di Google oYahoo.
“La sua ascesa, dal ruolo di immigrata greca con una laurea a Oxford e una bellezza molto mediterranea, moglie di un ricco americano che le diede due figlie prima di scoprire più tardi di essere gay e divorziare, al rango di 28esima donna più influente d’America e tra le prime cento persone che più pesano sull’opinione americana per propri meriti e intelligenza, è insieme la parabola di una signora intraprendente e spregiudicata e dell’onda irresistibile dell’informazione in Rete che lei ha saputo cavalcare.
“Soltanto Tina Brown, la regina di un altro giornale on line, il Daily Beast, può competere con lei, in un campo nel quale tardivamente e prepotentemente ora si è gettato anche Rupert “Lo Squalo” Murdoch con i suoi milioni. Quel Murdoch che “Arianna la Rossa” detesta, essendo cordialmente detestata.
“Il segreto di questo successo che Arianna ha costruito da sola e da zero, è nella sua personalità dirompente e nel suo cinismo ideologico indifferente al tabù della coerenza”: Zucconi ricorda che Arianna Huffington “nasce alla vita e al dibattito culturale e giornalistico come strenua conservatrice”.

Zucconi non approfondisce, forse per fair play, le prime mosse della allora giovanissima neo laureata di Cambridge, che conobbe a un programma culturale della Bbc l’ultra conservatore columnist inglese Bernard Levin, titolare di una rubrica sul Times dal 1971 al 1997, e andò a vivere con lui: Arianna aveva 21 anni, Bernard 42.

In quegli anni di infuocate ideologie, Bernard Levin era proprio a destra destra, sosteneva Richard Nixon e Spiro Agnew. Fu un grande amore, “il grande amore della mia vita”, disse lei in morte di lui. La convivenza durò dal 1971 al 1980, poi non si capisce bene cosa accadde. Secondo la versione più accreditata, semplicemente la futura Huffington chiese al compagno di sposarla e di fare dei figli, ma lo scapolo impenitente rifiutò. Secondo il necrologio del Guardian in morte di Levin, invece, lui accettò l’idea del matrimonio ma non le clausole che la allora ragazza voleva aggiungere, forse proprio i figli. Fatto sta che le Stassinopulos, Arianna e la madre, salparono per New York dove in pochi mesi diventarono quasi regine dei salotti locali.