“Terminator 4 – Salvation”, il ritorno dei cyborg

Pubblicato il 31 Maggio 2009 - 23:24 OLTRE 6 MESI FA

“Terminator Salvation”, quarto capitolo in 25 anni di una delle saghe più celebri del cinema d’azione, non deluderà di certo i suoi fan. Nonostante l’assenza di Arnold Schwarzenegger – Schwarzy infatti apparirà solo per alcuni istanti grazie ad una ricostruzione digitale – e qualche prevedibile eccesso, il nuovo film diretto da McG (già regista di Charlie’s Angels) riuscirà a tener gli spettatori incollati alle poltrone.

Questa volta la storia è ambientata in uno scenario postnucleare: siamo nel 2018 e Skynet, un sistema di intelligenze artificiali, ha completamente distrutto la Terra. I pochi uomini rimasti in vita devono difendersi da decine di Terminator responsabili del massacro del genere umano.

John Connor (Christian Bale), l’unico umano in grado di sconfiggere i robot, è diventato uno dei dirigenti della Resistenza contro le macchine, con tanto di compagna incinta (Bryce Dallas Howard) al seguito. Prima di sferrare un attacco mortale a Skynet, il protagonista scopre che tra i prigionieri dei cyborg c’è Kyle Reese (Anton Yelchin): ovvero colui che sarà mandato nel passato a proteggere sua madre, che concepirà un figlio con lei e che dunque diventerà suo padre… Da qui la necessità di salvarlo, prima che succeda qualcosa che avrà effetti devastanti sul futuro.

Il film di McG, rispetto alle precedenti pellicole, si contraddistingue per un tono decisamente bellico: 115 minuti di battaglie quasi ininterrotte tra macchine e uomini. Anche gli androidi inoltre appaiono diversi rispetto a quelli visti nei primi tre episodi. “Non volevo un mondo di robot scintillante – ha dichiarato il regista -, volevo invece una patina sporca sul metallo delle macchine, come se fossero vecchi carri armati sovietici”.

Gli stessi effetti speciali sembrano guardare al passato, come se McG avesse deciso di sposare un estetica meccanica piuttosto che digitale. Di certo il regista, pur non avendo uno stile del tutto personale, è sicuramente estraneo a quella volgarità barocca di autori come Michael Bay (“Pearl Harbor”, “Transformers”). Qualità che gli consente di orchestrare con maestria scena d’azione veloci e di grande impatto senza risultare banale. “Terminator 4” riesce così a mantenere una sua integrità – senza avere le aspirazioni intellettualoidi di “Star Trek” o le non-pretese di “X-Men” – proprio perché conscio dei suoi limiti e al contempo fiero dei suoi risultati.

L’unica certezza è che al di là dei dialoghi e del ricco cast scelti per questa grande produzione mainstream, da ben 200 milioni di dollari, le vere star restano i robot.