Torna “Amici miei”. Stessi scherzi e risate, ma nel ‘400

Pubblicato il 28 Aprile 2010 - 12:17 OLTRE 6 MESI FA

Certaldo, 1487: nel paese natale di Giovanni Boccaccio un nuovo decamerone di beffe. Sono quelle inventate ogni giorno dalla c0mpagnia dei cinque “Amici miei”, che trentacinque anni dopo il primo episodio della saga tornano sugli schermi.

Il capitolo quattrocentesco di chiama “Amici miei… come tutto ebbe inizio”. Diretti da Neri Parenti, stavolta ci sono Michele Placido e Paolo Hendel, nei panni di Duccio e  Jacopo, e Christian De Sica (il principe Filippo), Massimo Ghini (Manfredi, nobile in miseria), Giorgio Panariello (l’oste Cecco).

Ma non si tratta di un prequel, ci tiene a sottolineare Aurelio De Laurentiis, produttore della pellicola insieme al figlio Luigi:  “È un progetto nato dieci anni fa, quando, con Leo Benvenuti e Piero De Bernardi, pensammo che sarebbe stato un peccato abbandonare un tema vincente come quello di Amici miei. Non un remake o un seguito. L’idea è di riprendere lo spirito dell’allegro cinismo di un gruppo di amici e di trasportarlo nella Toscana dei Medici in cui la beffa era parte della cultura”.

Come nelle novelle boccacesche, con i loro toni allegri per allontanare la paura della peste della Firenze del quindicesimo secolo, anche nelle beffe dei cinque amici va vista una funzione apotropaica: “Ci sono fasi della vita in cui l’amore, il matrimonio, i figli ci distraggono, spiega De Laurentiis, ma con il tempo che passa scatta la paura della malattie, della morte. Per esorcizzarla che c’è di meglio di trovarsi ta amici a inventare zingarate?”

Alle critiche mosse dal popolo di internet, al grido di “Amici miei non si tocca”, il registra Parenti risponde: “Abbiamo anche noi paura del confronto e l’abbiamo evitato facendo un salto nel passato, con un altro linguaggio, altre situazioni. Nelle polemiche ci sono due equivoci: che fosse una copia, e non lo è, e che con Christian De Sica sfiorassimo la comicità dei cinepanettoni. È tutt’altro, l’umorismo è tutto di situazioni, la lingua del tempo non permette battute volgari”.

Come conferma De Laurenttis, “Si ride, anche se le  beffe sono all’interno del gruppo, l’amicizia ovunque vince. E soprattutto, ci si regala la sensazione di prolungare la giovinezza”.