Hobbit 2, con Peter Jackson la fantasia torna al potere

Pubblicato il 24 Dicembre 2013 - 13:23 OLTRE 6 MESI FA

foto bilbo

A distanza di un anno dal primo adattamento cinematografico dell’Hobbit – romanzo con il quale nel 1937 J.R.R. Tolkien diede vita all’universo della Terra di Mezzo -, Peter Jackson sfiora il miracolo cinematografico. “La Desolazione di Smaug”, secondo episodio della nuova trilogia ideata dal regista neozelandese per omaggiare il papà della narrativa fantasy , funziona alla perfezione nonostante l’inserimento di elementi narrativi non presenti nel romanzo tolkieniano. Ed è proprio la volontà di non attenersi pedissequamente alla trama originale del libro la vera forza della pellicola di Jackson, complice l’eccellente sceneggiatura firmata dal regista insieme a Fran Walsh, Philippa Boyens e Guillermo del Toro.

Jackson finisce per ampliare il viaggio di Bilbo, Gandalf e i tredici nani ricorrendo agli episodi descritti da Tolkien nelle appendici del Signore degli Anelli, dando vita ad un racconto compatto e privo di tempi morti. Se nel precedente film, “Lo Hobbit – Un viaggio inaspettato”, Jackson era infatti obbligato a rallentare i ritmi della narrazione per dare spazio alle presentazioni, ne “La Desolazione di Smaug” la musica cambia totalmente.

Così come era accaduto per il secondo episodio de Il Signore degli Anelli, “Le due Torri”, ci troviamo di fronte ad una pellicola dominata dall’azione, con battaglie spettacolari e continui colpi di scena. Nei suoi 160 minuti di proiezioni “La Desolazione di Smaug” non concede tregua allo spettatore senza per questo risultare banale sotto il profilo della narrazione degli eventi (unica pecca, il poco spazio concesso al personaggio dell’orso mannaro Beorn).

Nella prima parte del film la corsa dei nani verso il regno di Erebor è disseminata di pericoli: orchi, boschi stregati ed elfi tutt’altro che amichevoli (i puristi storceranno il naso per l’elfa interpretata dalla bella Evangeline Lilly e il ritorno imprevisto di Legolas…). Nella seconda, dopo l’arrivo della compagnia nella gelida città di Pontelagolungo (forse la migliore ambientazione dell’intera pellicola), entra in scena il villain del racconto: il terribile drago Smaug. E che drago, di certo il migliore mai visto sul grande schermo. Gli effetti visivi e la tecnologia utilizzata da Jackson per dar vita al mostro sono puro divertimento per gli occhi e ben pochi rimpiangeranno l’assenza dell’amatissimo Gollum. Il mostro partorito dalla fantasia di Tolkien è intelligentissimo, vanesio e crudele oltre ogni limite. Altro che favoletta per bambini.

La bellezza dei dialoghi tra il drago – sorprendente nella versione originale il lavoro di Benedict Cumberbatch che dà voce alla creatura – e Bilbo, interpretato dall’ottimo Martin Freeman, sono il pezzo forte del nuovo lavoro di Peter Jackson. Perfetta, oltre a quella di Freeman, l’interpretazione di Richard Armitage nei panni di un Thorin – decisamente più interessante rispetto al primo episodio – e del solito Ian McKellen alias Gandalf il Grigio.

Era difficile aspettarsi un secondo episodio migliore di questo. Regia, sceneggiatura e cast perfetti dal primo all’ultimo minuto di proiezione. Efficace anche la colonna sonora dove spicca il branno I see fire interpretato dal giovane Ed Sheeran. C’è da scommettere che anche il vecchio Tolkien si sarebbe stropicciato gli occhi davanti all’ultima impresa di Peter Jackson. Bentornati nella Terra di Mezzo.