“The Hateful Eight” di Quentin Tarantino: critica lo stronca

di Alessandro Avico
Pubblicato il 4 Febbraio 2016 - 14:08 OLTRE 6 MESI FA
"The Hateful Eight" di Quentin Tarantino: critica lo stronca

“The Hateful Eight” di Quentin Tarantino: critica lo stronca

ROMA – “The Hateful Eight” di Quentin Tarantino: critica lo stronca. Ormai ci siamo, l’attesissimo film di Quentin Tarantino arriva nelle sale italiane (il 4 febbraio). Come sempre c’è grande attesa per il regista di Pulp Fiction, che dopo Django ha deciso di rimanere sul western, almeno nelle ambientazioni e nei personaggi, ma cambiando decisamente tiro. Se in Django Tarantino si è concentrato sul tema della schiavitù, qui il tema principale è il rapporto tra gli 8 personaggi protagonisti.

La trama, almeno nell’incipit è abbastanza chiara (ma sappiamo quanto sia imprevedibile il regista americano): otto persone si ritrovano dentro un locale durante una tormenta di neve. Il problema è che queste otto persone sono: un cacciatore di taglie, un boia con la sua prigioniera, un mandriano, uno sceriffo, un messicano, un confederato e quello che viene solo presentato come “il piccolo uomo”. Gli “odiosi” otto avranno modo di discutere e interfacciarsi tra loro, non fidandosi l’uno dell’altro perchè sulla prigioniera c’è una bella taglia…

Un film imponente, lungo quasi 3 ore, e che già dal trailer mostra la sua imponenza e che ci fa capire che siamo di fronte ad un lavoro di Tarantino (il fatto di proporlo al cinema in 70 millimetri la dice lunga). Eppure c’è qualcosa che non convince. Paolo Mereghetti, uno dei più grandi critici cinematografici che abbiamo in Italia, stronca infatti la pellicola di Tarantino:

No, The Hateful Eight non è un «grande» Tarantino, nonostante l’Ultra Panavision 70 (millimetri) e una durata di tre ore. È un film molto «tarantiniano», dove ci sono tutti i suoi vezzi e le sue specificità, ma diversamente da altri suoi titoli quelle caratteristiche qui sono sprovviste di una qualche necessità e smascherano un vuoto (d’ispirazione?) che il gigantismo della produzione e dello schermo finisce per rendere letale.

Tre ore di interminabili dialoghi, compiaciuti e francamente poco divertenti, dove l’unica cosa che interessa a Tarantino sembra la distruzione di ogni possibile mitologia, western o nordamericana fa poca differenza (ne fa le spese anche Abramo Lincoln). Ma senza un vero perché. E soprattutto senza un vero interesse.