Caccia al traditore di Greta e Vanessa: Ros studiano telefonate con siriani

di Sergio Carli
Pubblicato il 19 Gennaio 2015 - 07:12 OLTRE 6 MESI FA
Caccia al traditore di Greta e Vanessa: Ros studiano telefonate con siriani

Greta Ramelli (a sinistra) e Vanessa Marzullo. Chi le ha tradite consegnandole ai rapitori?

ROMA – Chi ha tradito Greta Ramelli e Vanessa Marzullo facendole finire nelle mani dei loro rapitori?  Le intercettazioni raccolte dai carabinieri del Ros in mesi e mesi di pazienti indagini, danno corpo al sospetto che qualcuno abbia tradito, come riferisce Valeria Pacelli sul Fatto. Secondo i carabinieri, aggiunge Angela Camuso sempre sul Fatto, Greta e Vanessa sono “finite nelle mani dei rapitori perché qualcuno dei miliziani che credevano amico le ha tradite” e su questo ora si concentrano le indagini.

Sono in corso vari interrogatori. Yasser Mohammed Tayeb, 47 anni, siriano di Aleppo, intercettato al telefono dai carabinieri mentre aiutava Greta Ramelli e Vanessa Marzullo a organizzare il loro viaggio “umanitario” in Siria che è costato ai contribuenti italiani 12 milioni di riscatto, ha consegnato ai carabinieri di Bologna “carte che documentano i contatti con Greta e Vanessa”.

Angela Camuso ha raggiunto al telefono Yasser Mohammed Tayeb, che vive in Italia, a Anzola dell’Emilia (Bologna) dove fa il pizzaiolo. Tayeb è spaventato e si difende, dopo avere letto sul Fatto del 17 gennaio le intercettazioni, riportate dalla stessa Angela Camuso, delle sue conversazioni con Greta Ramelli e della annotazione dei carabinieri al suo nome: “militante islamista”. La versione di Tayeb è molto riduttiva: fu contattato, ha detto, dalle due ragazze “al momento dell’organizzazione del loro viaggio” e in quell’occasione Greta e Vanessa “gli avevano illustrato il progetto di distribuire kit di pronto soccorso ai combattenti dell’Esercito Libero anti-Assad, il “Free Syrian Army””.

Niente aiuti ai bambini e alle popolazioni affamate, come un po’ tutti hanno voluto credere, aiutati da un po’ di retorica anche da parte di Salvatore Marzullo, padre di Vanessa, il quale a suo tempo disse che Vanessa e Greta

“volevano il bene e sarebbe un dramma se qualcuno le ripagasse con il male. Vanessa e Greta non sono due ragazzine superficiali. Mi ha fatto male in questi giorni leggere e ascoltare commenti di persone che le descrivono così. Vanessa è proprio il contrario. È una ragazza profonda che si immedesima nella sofferenza degli altri e non riesce a stare con le mani in mano”.

Ber diverso disegno traccia Franco Bechis su Libero:

“La missione di Greta e Vanessa non era quella di cooperanti umanitarie (delle altre ong disprezzate per la loro neutralità), ma di combattenti pur con armi diverse aggregate alla rivoluzione siriana. Una funzione evidentemente in contrasto anche con la legge italiana. E veri terroristi o fiancheggiatori dei gruppi di Al Qaeda erano anche molti siriani che facevano parte della rete di amicizie in particolare di Greta: da Alktear Alktear ad Almajed Alfurati, da Ward Furati a Saef Kourani, tutti militanti provenienti dalla Fratellanza mussulmana di Siria e poi confluiti nel Fronte Al Nusra.  Il rapporto più stretto di Greta era però con vero e proprio leader del gruppo qaedista locale, per cui sembra portasse anche una lettera di presentazione da parte della rete bolognese. Si tratta di Yahya Alhomse, dirigente del Fronte Al Nusra nella città di Homs, e già conosciuto dalle cooperanti italiane nei loro precedenti viaggi. Risultava anche “amico” di Facebook di Greta, e sul social network si presenta con una foto di Bin Laden, “il martire2, che chiede ad Allah di accogliere. E questa rete di rapporti, con tutto lo scambio di comunicazioni con le ragazze italiane poi rapite, che può oggi mettere nei guai con la giustizia sia Greta che Vanessa. Anche se al momento la procura di Roma – da cui partirono le precedenti indagini con le intercettazioni effettuate dai Ros – le ha sentite solo come persone informate dei fatti sul rapimento e i lunghi giorni di prigionia”.

Anche a leggere l’articolo di Angela Camuso, si ha l’impressione che i personaggi con cui Greta e Vanessa parlavano avevano ruoli di peso:

“I carabinieri dell’Antiterrorismo per motivare la loro richiesta ai pm di continuare le intercettazioni del gruppo di siriani bolognesi scrivono che le intercettazioni precedenti “hanno consentito di raccogliere importanti elementi investigativi nei confronti di Alhamdoosh Maher in ordine al suo coinvolgimento, unitamente a quello dei più stretti contatti, Adham Kalawi e Yasser Mohammed Tayeb, in attività di supporto a gruppi di combattenti operanti in Siria a fianco di milizie contraddistinte da un’ideologia jihadista che si contrappongono alle forze di Assad”.

Sul Giornale, Gian Micalessin tratteggia un quadro inquietante dei rapporti e degli obiettivi di Greta e Vanessa, emersi con chiarezza già subito dopo il sequestro:

“Greta e Vanessa progettavano di mettere in piedi qualcosa di diverso da una normale organizzazione umanitaria. Esaminando su Facebook le gallerie fotografiche di «Horryaty» – l’associazione creata assieme al 46enne fabbro di Varese Roberto Andervill – quel che più saltava agli occhi era l’aspetto chiaramente «militare» dei «kit di pronto soccorso» distribuiti da Greta e Vanessa in Siria. I kit, contenuti in tascapane mimetici indossabili a tracolla, assomigliavano più a quelli in dotazione a militanti armati o guerriglieri che non a quelli utilizzati da infermieri o personale paramedico civile. Anche perché la prima attenzione di medici e infermieri indipendenti impegnati sui fronti di guerra non è quella di mimetizzarsi ma piuttosto di venir facilmente identificati come personaggi neutrali, non coinvolti con le parti in conflitto. […]

L’acquisto dei kit di pronto soccorso mimetici da parte di Greta e Vanessa è documentato dalle ricevute pubblicate sul sito di Horryaty il 12 maggio di quest’anno, subito dopo la prima trasferta siriana delle due «cooperanti». La ricevuta, intestata a Vanessa Marzullo, certifica l’acquisto in Turchia di 45 kit al costo di 720 lire turche corrispondenti al cambio dell’epoca a circa 246 euro. La parte più interessante è però la spiegazione sull’utilizzo di quei kit. Nel rapporto pubblicato su Horryaty, Greta e Vanessa riferiscono con precisione dove hanno spedito o portato latte, alimenti per bambini, medicine e ogni altro genere di conforto non «sospetto». Quando devono spiegare dove sono finiti quei tascapane mimetici annotano solo l’iniziale «B.» facendo intendere di parlare di un avamposto militare dei gruppi armati il cui nome completo non è divulgabile per ragioni di sicurezza.

Nelle telefonate con Tayeb registrate dai Ros, Greta Ramelli si spinge invece più in là. Greta spiega che i kit verranno distribuiti «a gruppi di combattimento composti solitamente da 14 persone». Spiegazione plausibile e circostanziata visto che in ambito militare una squadra combattente, dotata di uno specialista para-medico, conta per l’appunto dalle 12 alle 15 unità. L’elemento più inquietante, annotato dai Carabinieri del Ros a margine delle intercettazioni, sono però i contatti tra Tayeb e Maher Alhamdoosh, un militante siriano iscritto all’Università di Bologna e residente a Casalecchio del Reno. Con Maher Alhamdoosh s’erano coordinati – guarda un po’ il caso e la sfortuna – anche Amedeo Ricucci, Elio Colavolpe, Andrea Vignali e Susan Dabous, i giornalisti italiani protagonisti nella primavera 2013 di un reportage in Siria conclusosi anche in quel caso con un bel sequestro. Un sequestro seguito da immancabile ed esoso riscatto pagato, anche allora, dai generosi contribuenti italiani”.

Le parole pronunciate da Tayeb al telefono con Angela Camuso sono ovviamente molto caute e difensive:

“Io sostengo solo la libertà del popolo siriano. Non sono a favore di alcuna azione bellica. E non sono responsabile di quello che sono andate a fare in Siria le due ragazze. Ma se mi si accusa di difendere il popolo siriano io questa accusa me la prendo. A chi mi chiede aiuto a favore del popolo siriano io do aiuto”.

Angela Camuso ricorda a Tayeb che lui conosceva le intenzioni di Greta e Vanessa, di “distribuire kit di pronto soccorso ai combattenti dell’Esercito libero”, Tayeb non nega ma chiarisce:

“Tutto vero, sono stato contattato come presidente dell’associazione. Io ricevo mille telefonate al mese… rispondo a tutti quelli che vogliono aiutare la popolazione siriana. A meno che non vadano contro le mie convinzioni. Se le ragazze mi chiedevano di andare dall’Isis io dicevo di no”.

Lei ha rapporti con l’Esercito Libero?

“Assolutamente no”.

Sapendo che dovevano organizzare quei corsi per i combattenti, perché si attivò per far avere una lettera di raccomandazione del dottor Nabil Almureden?

“Nabil è presidente nazionale dell’Associazione Italia-Siria e fece la lettera di raccomandazione ma non fu mai consegnata. C’era scritto semplicemente che le ragazze erano volontarie e che andava l’aiuto necessario.

A chi era indirizzata la lettera?

“A nessuno… ripeto, non sono responsabile delle intenzioni di due ragazze che mi chiedono aiuto per il popolo siriano. Ma noi abbiamo sempre sconsigliato a tutti di andarsi a infilare in certe cose. L’Esercito libero è ormai disintegrato e non ha più un’ideologia unica, non c’è un referente con cui parlare. La Siria ormai è una terra di nessuno. Ci va ogni bastardo che ha un conto in sospeso con il mondo”.

Angela Camuso ha contattato anche  il dottor Nabil Almureden:

“Non sapevo che le ragazze volevano avvicinare i combattenti. Sapevo solo che volevano fare dei corsi per i medici e non ho mai scritto una lettera di raccomandazione”.

L’indagine dei Ros, ricorda Franco Bechis,

“partiva da un episodio più antico: il rapimento e rilascio di quattro giornalisti in Siria avvenuto fra il 3 e il 13 aprile 2013. Si trattava dell’inviato Rai Amedeo Ricucci, del fotoreporter Elio Colavolpe, del documentarista Andrea Vignali e della freelance Susan Dabbous, andati in Siria per un reportage che avrebbe dovuto essere realizzato per “La Storia siamo noi” su Rai Tre. I quattro avrebbero dovuto realizzare il programma in diretta con un gruppo di studenti di San Lazzaro di Savena, provincia di Bologna, che avrebbero interagito con loro durante i collegamenti quotidiani. Organizzando la partenza i giornalisti si erano portati dietro proprio lo studente bolognese Maher Alhamdoosh, che avrebbe dovuto fungere da interprete e che ha consigliato anche la formazione della squadra sul posto, dove si aggregarono altri due siriani, l’autista Abdin e un misterioso tuttofare, Alì. Maher grazie all’impegno nella ong Time4Life era formalmente accreditato come interprete anche presso la Farnesina.

Il gruppo si perse all’improvviso in Siria nel villaggio di Yaqubiya il 3 aprile 2013. Venne fermato da miliziani del Fronte al Nusra, gruppo terroristico islamico siriano che rappresenta in quella terra Al Qaeda. Due giorni dopo il fermo-rapimento i membri del Fronte al Nusra rilasciarono sia il misterioso Alì (fratello di uno sceicco locale, Khaled), sia Maher che secondo le successive ricostruzioni era da loro conosciuto in quanto ufficiale dell’Esercito libero siriano: fino a un anno prima nel gruppo di comando del Free Syrian Army c’era anche il leader dei qaedisti siriani. Per fortuna poi il sequestro dei giornalisti – scambiati per spie – si risolse positivamente in una decina di giorni. Ma quando Maher tornò in Italia, il suo comportamento dubbio nella vicenda suscitò l’interesse dei Ros, che misero i suoi telefoni sotto controllo e cominciarono a pedinarlo. È in quella rete di intercettazioni che sarebbero cadute per puro caso anche Greta e Vanessa che stavano organizzando il loro viaggio clandestino in Siria”.