Michael Kidson, il prof preferito di David Cameron che dava nomignoli brutali agli alunni

di redazione Blitz
Pubblicato il 7 Giugno 2017 - 06:18 OLTRE 6 MESI FA

LONDRA – “La redazione delle pagelle scolastiche non è più una forma d’arte come un tempo. In tempi come questi, politicamente corretti si è molto lontani dai giorni in cui Michael Kidson, professore preferito di David Cameron, insegnava storia a Eton”, scrive sul Daily Mail, Jamie Blackett, anche lui un ex allievo. Kidson arrivò a Eton nel 1965 quando i Beatles e Rolling Stones erano in testa alle classifiche e quando andò via, trent’anni dopo, c’erano i Take That e i Wet Wet Wet.

Mentre il mondo intorno a lui cambiava, restava immutata la brutale onestà di Kidson nei rapporti. Di un alunno, Gore Brown, scriveva: “E’ vivace come un centenario esanime”. Un altro allievo, Guy Butterwick, veniva da lui descritto come “un truculento marinaio”, scrisse ai genitori del ragazzo una lettera, annunciando che “vostro figlio ha superato l’esame di maturità. Un risultato straordinario per uno zuccone come Guy”. Per simili commenti, scrive Blackett,  oggi probabilmente sarebbe sottoposto a un provvedimento disciplinare. Se non addirittura licenziato per il suo metodo poco ortodosso di picchiare uno studente in classe.

Nel 1976, ricorda Blackett, scagliò contro un muro una calcolatrice elettronica di un allievo, frantumandola in mille pezzi, solo perché era stata nascosta una palla da cricket. E proprio per questi eccessi, Kidson si è distinto come un incredibile personaggio perfino in una scuola nota per eccentricità. Blackett, torna con la mente al giugno del 2015: era in una fattoria sulla costa di Galloway insieme alla moglie, dopo essersi ritirato dalla Coldstream Guard. “Ciò avrebbe sorpreso il mio ex professore di storia che una volta mi descrisse, con insolita cortesia, come “un ragazzo indolente”.
“Non mi sentii mai offeso. Noi studenti rispettavamo Kidson, sapevamo che voleva ottenere il massimo da tutti”.

Un giorno lessi sul giornale l’annuncio che “l’amico e mentore di molti, amato e rispettato” era morto a 86 anni. “Pensai che avrei dovuto vederlo. Non ero l’unico. “Ho cercato di farlo rimanere a Checkers (residenza di campagna del Primo Ministro del Regno Unito) ma era tardi ed era troppo anziano, è un grande rimpanto” disse David Cameron. Nei giorni successivi alla morte di Kidson, i necrologi apparivano negli spazi solitamente riservati ai ministri e ai generali del Gabinetto. Blackett, oltre a gestire la sua azienda agricola è anche uno scrittore freelance e, stimolato da due ex allievi di Eton, ha deciso di fermare sulla carta i ricordi sul professore.

Kidson, il che non era sorprendente, era il flagello di un ragazzo che faceva errori di grammatica. David Cameron mi ha detto: “Una volta mi ha fatto scrivere 100 volte: Utilizzo sempre un punto dopo l’avverbio”. Michael Kidson veniva da un background differente dalla maggior parte dei “becchi”, come si chiamano i maestri. Classe 1929, visse a Belgravia con i genitori fino a che il padre non ebbe un affair con la tata; la tresca non durò, ma la coppia divorziò. L’anno successivo il padre salpò per il Sudafrica e tornò nel 1931, poco dopo ebbe un tracollo e finì in prigione.

Se la madre ebbe un collasso nervoso non è cosa nota, ma si allontanò dal giovane figlio e non si fece mai più viva. Michael andò a vivere con i nonni paterni nello Shropshire e il nonno, vicario in pensione, poco dopo la morte della nonna si disse inadatto a prendersi cura di lui, che aveva ormai 12 anni, e decise di mandarlo al Royal Orphanage Wolverhampton, dove venne educato ed eccelse nel campo dello sport e degli studi. Dopo il Servizio Nazionale, venne ammesso a Cambridge. Ricoprendo la carica di professore, si unì allo staff di Eton all’età di 36 anni.

Nonostante la difficile infanzia, Kidson sembrava non curarsi di vedere dei bambini tristi. Il fatto che non abbia mai sofferto l’indignazione data da un soprannome, è un fatto significativo. Tra i becchi di Eton, ricordo “l’idiota del villaggio”, “il matto”, “il sudato”; mentre noi ci riferivamo a lui come Kidson, in cambio venivamo chiamati con la versione confusa del nostro nome che meglio gli piaceva. “Meade” divenne “Weed”, “Cook” imparò a rispondere al nome di “Baker” e “Green” venne chiamato “Brown”.

Non era persuaso dagli strumenti di insegnamento più moderni: nell’aula c’era una lavagna, una mappa del trattato di Versailles (il riassetto del 1919 dopo la Prima Guerra Mondiale) e il suo cane Dougal, uno Spaniel obbediente a intermittenza che restava nell’angolo. Le lezioni cominciavano non appena Kidson compariva nella stanza: “Insegnava facendo un monologo. Nessun appunto, nessuno strafalcione, la tua unica chance era quella di prendere più appunti possibili mentre parlava” disse il campione olimpionico Matthew Pinsent.

David Cameron ricorda lezioni dove veniva letteralmente catturato dall’insegnante, “che ti faceva sentire come se fossi nella stessa stanza con le persone di cui parlava”. “Non c’erano aiuti visuali, solo il potere delle parole e dell’immaginazione. Il fatto che, 30 anni dopo, io riesca ancora a sentirlo descrivere l’odore dell’alba prima della battaglia, dice che tipo di insegnante fosse” rammenta William Sitwell, star del programma MasterChef.

Il professore nel corso della sua vita non realizzò una famiglia e in vecchiaia furono i suoi “ragazzi” a visitarlo nel cottage del Gloucestershire. Quando Kidson non fu più in grado di fare le scale, Nat gli comprò un bungalow con la promessa che avrebbe riavuto i soldi una volta venduta la casa. Sfortunatamente, la sua mente cominciò a vacillare ancor prima del corpo: una crudeltà per una persona che ne traeva così tanto piacere nell’usarla.

“Kidson morì a giugno del 2015 e molti di noi, nei mesi successivi, ammisero con un po’ di vergogna di non averlo più visto per lunghi anni, nonostante il pensiero andasse a lui quotidianamente”.”Tutti, nella vita, abbiamo bisogno di un mentore, di un punto di riferimento: per molti di noi fu proprio Michael. E’ quasi impossibile pronunciare una parola senza che compaia nella nostra mente, o sbagliare una virgola; piccole pignolerie che mascherano una più grande verità: Michael Kidson era una roccia per tutti noi”, conclude Blackett.