Nizza, Kristina Sysoeva: “Peccato, niente fuochi d’artificio”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 18 Luglio 2016 - 12:25 OLTRE 6 MESI FA
Kristina Sysoeva (foto Facebook)

Kristina Sysoeva (foto Facebook)

NIZZA – Kristina Sysoeva, ex fidanzata di un miliardario britannico, si è fatta notare per un commento a poche ore dopo la strage di Nizza. Sysoeva, 35 anni, ex del magnate del settore immobiliare Giles Mackay, si è lamentata per la cancellazione dei fuochi d’artificio previsti per festeggiare il 14 luglio.

“È un peccato aver annullato i fuochi d’artificio”, ha detto la donna a LifeNews, sito d’informazione russo. “Stavamo cenando, poi un ragazzo francese è venuto a dirci che c’era stato un attentato terroristico, così siamo tornati a riva”: questa è stata la dichiarazione della donna. “Noi siamo stati turbati perché volevamo guardare i fuochi d’artificio, ma è accaduta questa cosa brutta e tutto è stato annullato!”. Sysoeva ha anche raccontato “di non essersi mai sentita in pericolo, visto che va in giro accompagnata da due guardie del corpo”.

Ci sono sei punti che non tornano nelle indagini sull’attentato compiuto dal tunisino Mohamed Lahouaiej Bouhlel, che ha causato 84 morti e 202 feriti.

I sopralluoghi. Mohamed Lahouaiej Bouhlel ha fatto il 12 e il 13 luglio due sopralluoghi sulla Promenade des Anglais, addirittura a bordo del camion bianco di 19 tonnellate, un Renault Midlum, che userà per compiere la strage. Un camion che aveva prenotato il 4 luglio, ritirato l’11 luglio a Saint Laurent Du-Var e che avrebbe dovuto riconsegnare il 13 luglio, il giorno prima dell’attentato. Perché Mohamed passa due volte dalla Promenade, una strada dritta che qualunque autista residente a Nizza dovrebbe conoscere benissimo? Una spiegazione plausibile: deve memorizzare, a bordo del mezzo che userà per uccidere, tutti i dettagli che serviranno a compiere la strage e perché no – a fuggire.

La bicicletta. L’idea che si sta facendo strada fra gli inquirenti è che nella strage di Nizza Mohamed Lahouaiej Bouhlel (insieme con dei complici?) avesse pianificato un prima, un durante ed anche un dopo. Questo spiega i sopralluoghi (a cosa serve andare prima sul luogo della strage, se il piano è lanciare un tir a bomba sulla folla e poi farsi ammazzare?) e spiega la bicicletta. Con la quale il tunisino arriva alle 22.30 del 14 luglio nelle vicinanze della Promenade, dove ha parcheggiato il camion bianco. Ma invece di abbandonare la bici in strada, Mohamed la ripone nel cassone del tir. Come se potesse servirgli più tardi.

Le armi false. Di arma funzionante con sé nella notte della strage Mohamed ha solo una pistola calibro 7.65. A bordo del Tir, però vengono trovate delle armi false, finte, che non avrebbero potuto far male a nessuno. Cosa deve fare uno che si sta lanciando con un camion di 19 tonnellate contro migliaia di persone con una granata disinnescata e la riproduzione finta di una pistola, un fucile e un kalashnikov? O siamo davanti ad un pazzo, oppure quelle armi devono servire a qualcosa, o magari devono essere consegnate a qualcuno. Vuol dire che forse l’attentato che Mohamed si apprestava a compiere non era quello di un kamikaze solitario?

L’ultimo sms e i sei fermati. Dal telefono cellulare di Mohamed Lahouaiej-Bouhlel sono partiti sms e chiamatea 7 “sospetti” nel giorno della strage. Uno di questi era l’ex moglie che è stata subito depennata dalla lista: non c’entra nulla con i piani dell’ex marito. Gli altri sei sono stati fermati: si tratta di cinque uomini e di una donna. Fra questi – riporta Nice Matin – una coppia di albanesi e un giovane di origine nordafricana che sono stati trasferiti nella notte a Levallois-Perret, vicino Parigi, per essere interrogati dalla DGSI (Direction générale de la sécurité intérieure).

Sempre Nice Matin riferisce che l’albanese che avrebbe procurato a Mohamed la calibro 7.65 ha 38 anni e si chiama Henaj, detto “Giovanni”, e che l’intermediario sarebbe stato Ramzi, 22 anni, un amico con cui il tunisino avrebbe passato le serate a fumare hashish e pippare coca. I sei fermati fanno parte degli ambienti della piccola criminalità nizzarda (l’ultima strategia dei terroristi dell’Isis prevede proprio di usare piccoli criminali e non fanatici per compiere gli attentati).

La sera del 14 luglio dal cellulare di Mohamed partono chiamate e messaggi ai sei fermati. Fra questi l’ultimo sms è indirizzato a “Choukri”. Il tunisino chiede al suo contatto: “Manda altre armi”. Lo fa cinque minuti prima di superare, con la scusa di consegnare gelati, il posto di blocco prima della Promenade. A chi e dove quelle armi dovevano essere consegnate?

L’accelerazione. Entrato nella Promenade il Renault Midlum da 19 tonnellate guidato da Mohamed procede, in un primo momento, lentamente. Poi si ferma per alcuni istanti prima di accelerare improvvisamente e fare la strage. Il tunisino si aspettava una situazione diversa? Ha cambiato idea in corso d’opera? Qualcun altro doveva farsi trovare sulla Promenade? Cosa è successo negli istanti prima che Bouhlel lanciasse il tir contro la folla del 14 luglio?

Il selfie. Il fratello di Mohamed, Jabeur, ha ricevuto una telefonata il giorno stesso della strage. Telefonata nella quale Mohamed si era mostrato al fratello contento e sereno “rideva in continuazione”. Poi aveva inviato delle foto, dei selfie, in cui si vedeva il suo volto sorridente in mezzo alla folla del 14 luglio. Nulla di più lontano, insomma, dal testamento di un kamikaze. Niente video con mitra e bandiere sullo sfondo, niente rivendicazioni. O Mohamed era un povero pazzo o non aveva idea di star andando a morire.