Svizzera, la campagna vota contro la città. Referendum è una scelta identitaria

di Francesco Montorsi
Pubblicato il 10 Febbraio 2014 - 09:39 OLTRE 6 MESI FA
Svizzera, la campagna vota contro la città. Il referendum è una scelta identitaria (foto Lapresse)

Svizzera, la campagna vota contro la città. Il referendum è una scelta identitaria

BERNA – Alla fine, domenica pomeriggio del 9 febbraio 2016, è il No che vince in Svizzera. Il referendum proposto dalla destra populista passa con circa il 50,3 % dei voti. A nulla è valsa l’opposizione di quelli che in Italia, con termine politico-giornalistico, verrebbero chiamati «i poteri forti»: sindacati, padronato, chiesa, diversi partiti politici, istituzioni. La Svizzera chiude le sue frontiere, o meglio le socchiude. Il governo dovrà presto inventarsi una legge per instaurare delle quote di migranti ammessi sul territorio. Questa legge segnerà di fatto il decadimento di diversi trattati internazionali con l’Unione Europea e l’inizio di una crisi diplomatica.

Ma perché è successo? Si è parlato della forte immigrazione, che, in effetti, non può essere negata. Negli ultimi anni, la popolazione svizzera è aumentata di 80000 persone all’anno. Nell’estate del 2012, la confederazione elvetica ha superato la soglia di 8 milioni di abitanti. Numeri come questi, specie in un paese piccolo e conscio della propria specificità, hanno un impatto sulla psicologia. La destra populista ha orchestrato una campagna efficace per indicare nell’immigrazione l’origine di tutti i mali: i trasporti pubblici affollati, il prezzo degli affitti, i posti mancanti negli asili nidi, gli ingorghi per strada.

Ma in realtà, a guardare i dati con occhio sociologico, non sono i trasporti pubblici sempre pieni, il prezzo degli affitti, i posti mancanti negli asili o gli ingorghi per la strada ad aver fatto scaturire il no. Le regioni urbane le più toccate dalle nuove ondate migratorie, Zurigo, Ginevra, o il cantone del Vaud hanno rifiutato la proposta di legge.

Paradossalmente, la legge è passata grazie al voto delle campagne, dove gli stranieri sono meno presenti. E’ stato il fantasma dell’immigrazione e non l’immigrazione stessa a creare il no. E’ stata la pancia, e non la testa, a mettere il voto decisivo nell’urna. In un’epoca di malessere culturale, la parte più conservativa del paese ha fatto credere di avere una soluzione per la salvaguardia dell’identità del paese. Ma la medicina sarà peggiore del male.

Durante questi anni di immigrazione massiccia, mentre l’Europa si dibatteva nella crisi infinita, la salute del piccolo paese alpino è stata di un’insolente stabilità. Nei mesi scorsi il «modello svizzero» è stato additato come esempio di solidità, competitività e benessere. Da mesi il tasso di occupazione batte nuovi record, l’economia ha il piede sull’acceleratore, l’invecchiamento della popolazione continua a diminuire… E tutto questo grazie (anche) all’immigrazione.

Il populismo è un cattivo dottore. La medicina sarà, come sempre, peggiore del male.