Aborto, 23 ospedali, 23 no: odissea di una donna nelle obiezioni di coscienza

di Anna Boldini
Pubblicato il 1 Marzo 2017 - 12:50 OLTRE 6 MESI FA

PADOVA – Aveva deciso di abortire, ma per vedersi riconosciuto questo diritto garantito da una legge dello Stato ha dovuto girare 23 ospedali: ogni volta o non si trovavano medici non obiettori oppure cavilli burocratici impedivano l’interruzione volontaria di gravidanza. Solo alla fine di questa via crucis la donna ha visto accogliere la propria richiesta.

E’ la storia, riferita dal Gazzettino, di una donna di Padova, una libera professionista di 41 anni già madre di due figli, che usava la spirale. E che certo non si aspettava di poter restare incinta. Ma è successo. Così al secondo mese di gravidanza si è rivolta all’ospedale di Padova, ricevendo un rifiuto. Poi agli altri ospedali della provincia, della regione, e poi a Bolzano e Triste. Ma nulla.

“Le risposte erano le più disparate, ha raccontato al Gazzettino: non ce la facciamo, siamo già al limite, non riusciamo a stare nei tempi, ci sono le vacanze, sono tutti obiettori, c’è un solo medico che viene ogni tanto e siamo pieni, doveva muoversi prima, deve risolvere la questione con la sua Ulss di competenza, il problema non è solo trovare un medico ma anche un anestesista non obiettore di coscienza…”.

Alla fine, quando il termine dei 90 giorni si stava per avvicinare, la donna ha pensato di rivolgersi alla Cgil, che negli anni ha sempre difeso il diritto all’aborto. Solo allora è riuscita a sbloccare la sua situazione. “Mi domando che senso abbia fare una legge per dare diritto di scelta e poi non mettere nessuno nelle condizioni di farlo. Lo trovo offensivo, inutilmente doloroso”, ha sottolineato, ricordando che per tutte le donne che si sottopongono ad un aborto non si tratta di una scelta facile. E rispondendo, indirettamente, a tutti coloro che hanno criticato la decisione del San Camillo di Roma di assumere due medici non obiettori.