Apartheid dei bagni a Cagliari. In scuola di suore a figli profughi vietato quello dei “bianchi”

di Emiliano Condò
Pubblicato il 1 Ottobre 2016 - 11:18 OLTRE 6 MESI FA
Apartheid dei bagni a Cagliari. In scuola di suore a figli profughi vietato quello dei "bianchi"

Apartheid dei bagni a Cagliari. In scuola di suore a figli profughi vietato quello dei “bianchi”

CAGLIARI – L’apartheid, quell’odiosa forma di segregazione razziale che per decenni ha macchiato la storia del Sudafrica, arriva in Italia. Arriva in una scuola elementare di Cagliari. Una forma di razzismo particolarmente odiosa perché colpisce i più deboli: i bambini. Piccoli di una scuola elementare arrivati in Italia senza neppure i genitori. La cronaca è semplice e brutale e la vicenda la diffonde e la riassume l’Unione Sarda:

Nella scuola delle suore mercedarie di via Barone Rossi, a Cagliari, esplode il caso per due bambini – uno etiope e l’altro egiziano – arrivati in Sardegna senza i genitori. Dopo le proteste, ai piccoli è stato imposto di usare un bagno diverso da quello dei compagni.

In queste due righe ci sono tante, troppe cose, che disturbano. Disturba, per esempio, che tutto questo succeda in una scuola gestita da suore. Ovvero una scuola in cui carità e accoglienza dovrebbero essere alla pari della didattica. Disturba poi quel “senza genitori”. Una condizione che di norma dovrebbe spingere una comunità a umana (e laica) solidarietà. E invece è scoppiato un caso che ha come oggetto le “malattie sconosciute”. Alcuni genitori hanno protestato, trovando l’alibi malattie come scusa per offuscare un implacabile razzismo. Pensano, questi genitori,  che i due bambini, per il semplice fatto di provenire dall’Africa, possano portare delle malattie misteriose. E per qualche oscuro motivo hanno individuato nei bagni, e non nelle classi, il luogo del fantomatico rischio di contagio.

Racconta il Secolo XIX che nella scuola in questione ci sono stati giorni di riunioni infuocate e che, addirittura, due famiglie abbiano s deciso di ritirare i loro figli e iscriverli altrove. Nel mirino delle famiglie xenofobe, perché di xenofobia si tratta, ci sono le suore, accusate di aver accolto i due  bimbi senza informare le famiglie. La spiegazione delle suore è allo stesso tempo logica, ineccepibile eppure piena di ingenuità quasi disarmante: “Perché avremmo dovuto avvertire le famiglie? Cosa hanno di diverso questi bambini?”. Eppure le suore per prime si sono piegate a un compromesso che inquieta:

Il bagno separato per i bambini africani doveva essere un compromesso, una concessione alle proteste feroci dei genitori degli altri alunni. Nessuno doveva saperlo, perché le suore speravano che in città non scoppiasse il caso. Ma dopo due assemblee infuocate è esplosa la rivolta e due famiglie hanno deciso di trasferire i propri figli in un altro istituto. Oggi qualcuno cambia versione: «Questo è vero razzismo, sembra il ritorno dell’Apartheid – dice una delle mamme che arriva puntuale all’uscita -. Noi vogliamo che i nostri figli siano educati all’accoglienza. Ma oggi la nostra città sta vivendo un momento tristissimo».