Asti. Nozze con pesce avariato, sposi rifiutano risarcimento dell’oste: “Nostro zio è morto, vogliamo giustizia”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 14 Settembre 2017 - 10:50 OLTRE 6 MESI FA
Asti. Nozze con pesce avariato, sposi rifiutano risarcimento dell'oste: "Nostro zio è morto, vogliamo giustizia"

Asti. Nozze con pesce avariato, sposi rifiutano risarcimento dell’oste: “Nostro zio è morto, vogliamo giustizia”

ROMA – Asti. Nozze con pesce avariato, sposi rifiutano risarcimento dell’oste: “Nostro zio è morto, vogliamo giustizia”. Una proposta irricevibile quella dell’oste di Maretto (Asti) che, secondo quanto finora emerso, avrebbe propinato un pranzo di nozze a base di pesce avariato  che ha mandato all’ospedale metà degli invitati di cui uno, lo zio degli sposi, è deceduto per i postumi dell’intossicazione. Valentina Fina e suo marito, Fabrizio Magnelli, sposi novelli e disperati, hanno detto no alla proposta di risarcimento offerta dal proprietario della “Locanda delle antiche sere”, subito dopo la tragedia.

Un po’ dopo, a esser precisi, prima aveva allontanato da sé ogni addebito, eppure a decine erano finiti al pronto soccorso, sposi compresi, dopo aver mangiato da lui. Sotto accusa c’è un polpo che lì per lì sembrava un po’ troppo crudo: e il grande assembramento di vespe e mosche sulle pietanze non faceva ben sperare. Quello di Valentina è un racconto da incubo, quello che ha guastato irreparabilmente il più bel giorno della sua vita.

“Siamo stati malissimo e siamo andati al pronto soccorso. Avevamo chiamato i gestori del ristorante che, in un primo momento, hanno negato qualsiasi responsabilità. Poi, nell’ultima telefonata il titolare si è detto disponibile a un risarcimento […] Ci sono persone che stanno ancora male e domani mio padre tornerà in ospedale. La morte di zio Pierino, però, è la tragedia più grande, che non si può riparare. L’unica cosa che ci dà la forza di andare avanti e la voglia di giustizia. Tutto il resto, pranzo di nozze compreso, vogliamo cancellarlo dai nostri ricordi”. (Massimo Massenzio, La Stampa)