Baby squillo Parioli: “Mamma mi obbligava per soldi, io volevo andare a scuola”

di Daniela Lauria
Pubblicato il 30 Ottobre 2013 - 09:57| Aggiornato il 29 Ottobre 2014 OLTRE 6 MESI FA
Baby squillo Parioli: "Mamma mi obbligava per soldi, io volevo andare a scuola"

Alcuni le chiamavano le Lolitine e si facevano a loro volta chiamare Papy: nei due nomignoli stampati sull’ordinanza d’arresto c’è tutta la perversione di un’adolescenza spezzata

ROMA – “Mamma mi obbligava per soldi, io volevo solo tornare a scuola”. Emanuela, 14 anni appena, la più giovane delle due baby squillo della Roma bene, è la prima a scoppiare in lacrime davanti ai magistrati. Ha raccontato loro di un incubo cominciato tra i banchi di un liceo classico a Roma, dove ha conosciuto Serena, l’amica del cuore, e finito in un appartamento ai Parioli, quartiere chic della Capitale. Qui si prostituivano quotidianamente, dopo scuola, prima per mano di due uomini che procacciavano i clienti trattenendo una percentuale degli incassi. Poi con la complicità della stessa mamma di Emanuela che, una volta scoperto il losco giro in cui la figlia si era andata a cacciare, ha preferito costringerla a continuare, accecata da quei soldi facili.

Qualcuno le chiamava le Lolitine e a sua volta si faceva chiamare Papy: nei due nomignoli stampati sull’ordinanza d’arresto c’è tutta la perversione di un’adolescenza spezzata. Emanuela e Serena sono i due nomi di fantasia che il quotidiano la Repubblica ha scelto per raccontare la loro storia. Per mesi le due ragazzine, di 14 e 15 anni, sono state il trastullo di professionisti e commercianti, molto ricchi e con pochi scrupoli, pronti a spendere centinaia di euro, fino a migliaia di euro per un intero weekend con loro. Cinque di loro sono stati denunciati perché colti in flagrante, ma non è escluso che l’indagine possa allargarsi. In un’occasione un uomo aveva anche proposto un viaggio a Cannes con una ragazzina per cinque giorni e la tariffa richiesta da uno degli arrestati era di mille euro al giorno più le spese.

Emanuela e Serena su Facebook sono inseparabili, trucco pesante, vestiti succinti, si fotografano insieme in pose sexy col broncio di chi ha ancora il volto di bambina e il corpo prematuramente formato per vendersi. Si scrivono l’una all’altra “Mai senza di te” ma anche “freghiamo il mondo”, “vita ti odio”, e poi “scopate, non studiate”. Insieme hanno cominciato una vita spericolata, le prime esperienze sessuali, poi si sono iscritte ad un sito internet per incontri, qui sono state adescate da due uomini che le hanno rinchiuse in un appartamento ai Parioli e per mesi hanno guadagnato sui loro corpi violati.

È Serena a cominciare: è in cerca soldi, in lite con sua madre, una professionista affermata, le piace sniffare cocaina. A 12 anni il suo primo rapporto sessuale. Quando la madre cerca di interessarsi a lei la minaccia: “Ti mando i miei amici cocainomani a sgozzarti, ti brucio i vestiti, ti sgozzo con le mie mani”. Serena si iscrive a “Bakecaincontrii.com”, vero e proprio canale di prostituzione online. I clienti, neanche a dirlo, arrivano in un battibaleno. E così pure i soldi facili, per la droga, i vestiti, la vita da adulte. Emanuela decide di emularla: a casa sua i soldi mancano davvero.

Fino al giorno in cui su internet conoscono i propri adescatori: Nunzio Pizzacalla, caporal maggiore dell’esercito, e Mirko Ieni, ambiguo autista- organizzatore di feste notturne. Sono loro che affittano un appartamento in viale Parioli, 190. Qui tutti i giorni Emanuela e Serena si prostituiscono e una parte dei loro guadagni finisce nelle tasche di Pizzacalla e Ieni. Al mattino le ragazzine vanno a scuola, in un liceo romano. Il pomeriggio si prostituiscono: un incontro può costare fino a 500 euro, 5000 euro per un weekend. “Queste due mi fanno guadagnare fino a 600 euro al giorno”, si vanta al telefono uno dei due aguzzini.

A porre fine all’incubo è l’altra mamma della storia, quella premurosa e preoccupata perché la figlia era fuggita di casa e maneggiava somme consistenti di denaro. La mamma di Serena assume un investigatore privato che l’aiuta a scoprire l’abisso in cui la figlia è precipitata. Poi corre alla polizia e scattano gli arresti. Le cinque persone arrestate ieri – tra cui l’altra mamma, quella ruffiana che non disdegnava i soldi facili della sua bambina, saranno interrogate oggi in carcere.

A finire in manette anche un cliente che aveva ripreso gli incontri sessuali con la quindicenne e voleva 1500 euro per non mettere il video su internet. Solo l’intervento di uno dei “protettori”, a sua volta poi finito in carcere, l’ha convinto a desistere. Il cliente, un 29/enne, è accusato anche di produzione di materiale pedopornografico e di tentata estorsione. Nonostante questo, tutti hanno detto di non sapere che le ragazze erano minorenni. Difficile da credere, dal momento che le chiamavano le Lolitine, appunto.

A sentire gli arrestati in sede di interrogatorio di garanzia sarà il gip Maddalena Cipriani, la stessa che ha firmato i provvedimenti di custodia cautelare su richiesta del procuratore aggiunto della procura di Roma Maria Monteleone e del sostituto Cristiana Macchiusi. A ricostruire le modalità del giro di prostituzione sono stati i carabinieri del Nucleo Investigativo di Roma.