Banca Etruria: chiuse indagini, 22 a rischio processo. Salvo padre Maria Elena Boschi

di Redazione Blitz
Pubblicato il 17 Dicembre 2016 - 10:32 OLTRE 6 MESI FA
Banca Etruria: chiuse indagini, 22 a rischio processo per bancarotta

Banca Etruria: chiuse indagini, 22 a rischio processo per bancarotta

AREZZO – Con la notifica di 22 avvisi di conclusione indagini a ex consiglieri di Banca Etruria e ad alcuni dirigenti, la procura di Arezzo chiude il primo filone dell’inchiesta sulla bancarotta dell’istituto Aretino.

Tra coloro che hanno ricevuto l’avviso ci sono anche gli ultimi due presidenti, Giuseppe Fornasari e Lorenzo Rosi, il secondo però per il periodo in cui era consigliere. I fatti contestati, finanziamenti per circa 200 milioni di euro, risalgono infatti al periodo che va dal 2008 al 2011. Per tutti l’accusa è di bancarotta fraudolenta in concorso e, per alcuni, aggravata dal conflitto di interessi.

Tra i finanziamenti finiti sotto la lente d’ingrandimento della guardia di finanza, coordinata dal procuratore Roberto Rossi al quale fanno capo tutte le inchieste sul crack di Etruria, ci sono quelli concessi a un cantiere di Civitavecchia dove la Privilege Yard doveva costruire un grande yacht, al resort San Carlo Borromeo in Lombardia, al cementificio Sacci, alla Isoldi, alla società Pegasus, alla Cib 35, alla Hevea, alla High Facing e alla Città Sant’Angelo, outlet realizzato dalla Castelnuovese. Su alcune di queste società, come per la Privilege Yard, le procure interessate hanno poi aperto altre indagini.

L’inchiesta di Arezzo ha interessato solo gli ex consiglieri che deliberarono i finanziamenti, talvolta neppure portati in cda ma decisi con l’avallo dell’ex dg Luca Bronchi, anche lui tra gli indagati, e di alcuni funzionari che istituivano le pratiche. Oltre a Fornasari, Rosi e Bronchi, le notifiche hanno raggiunto: Federico Baiocchi Di Silvestri, Sergio Bertani, Alberto Bonaiti, Luigi Bonollo, Ugo Borgheresi, Piero Burzi, Giovan Battista Cirianni, Giampaolo Crenca, Laura Del Tongo, Enrico Fazzini, Augusto Federici, Paolo Luigi Fumi, Natalino Giorgio Guerrini, Giovanni Inghirami, Carlo Maggiore, Andrea Orlandi, Carlo Platania, Alberto Rigotti e Rossano Soldini.

Niente è stato notificato a Pier Luigi Boschi, padre dell’attuale sottosegretario alla presidenza del Consiglio Maria Elena Boschi, che come anche altri consiglieri non ha mai firmato i finanziamenti oggetto dell’inchiesta. La procura avrebbe acquisito prove sul legame, più o meno diretto con queste società, di alcuni componenti dei cda. Oppure della loro amicizia con imprenditori che nel tempo hanno usufruito di mutui o finanziamenti da parte della banca. La Pegasus e la Cib 35, ad esempio, per la gdf avrebbero legami con il finanziere trentino, ed ex consigliere dell’istituto, Rigotti, mentre l’outlet Città Sant’Angelo fu costruito dalla Castelnuovese, società a cui sarebbe legato Rosi. Secondo quanto appreso la procura sta analizzando altre pratiche di finanziamenti concessi anche dopo il 2011.

Nell’ambito di un altro filone dell’inchiesta sulla bancarotta, nei mesi scorsi, il pm Rossi aveva chiesto il sequestro della liquidazione dell’ex dg Bronchi, circa 700 mila euro (il gip poi mise i sigilli solo a una parte, 470 mila euro). La liquidazione era stata approvata dall’ultimo cda, guidato da Rosi. Nessuna conferma dalla procura su eventuali indagati. .