Berlusconi a Lavitola: “Rivoluzione, fare fuori il tribunale di Milano”

Pubblicato il 17 Ottobre 2011 - 09:10 OLTRE 6 MESI FA

Valter Lavitola

ROMA – Il quotidiano Repubblica ha pubblicato altre intercettazioni tra Silvio Berlusconi e Valter Lavitola. Le conversazioni arrivano da Pescara dove la procura ha indagato sull’imprenditore Giuseppe Spadaccini, arrestato un anno fa per evasione fiscale. Nell’inchiesta è emersa una sponsorizzazione da 3 milioni di euro al giornale di Lavitola, l’Avanti!. Un’operazione giudicata anomala dalla Guardia di Finanza perché il gruppo aereo di Spadaccini, specializzato in aerei anti-incendio, aveva un unico grande cliente, la Protezione civile. Non aveva insomma grande necessità di farsi pubblicità, a maggior ragione su un giornale dalla tiratura limitata. Per far luce sulla vicenda i magistrati hanno intercettato il telefono di Lavitola registrando anche le conversazioni con Berlusconi.

Siamo al 20 ottobre 2009. Da pochi giorni la Corte Costituzionale ha bocciato il Lodo Alfano, la legge che avrebbe dovuto sospendere i processi del primo ministro. Ecco le parole di Berlusconi al telefono: “Non conto niente… Che cosa vuoi che conti… Hai visto la Corte Costituzionale che ha detto che io sono esattamente come gli altri ministri… quindi non ho bisogno di tutele… Allora, parliamoci chiaro, la situazione oggi in Italia è la seguente: la gente non conta un cazzo… Il Parlamento non conta un cazzo… Siamo nelle mani dei giudici di sinistra, sia nel penale che nel civile, che appoggiandosi alla Repubblica e a tutti i giornali di sinistra, alla stampa estera…”. L. “Ci fanno un culo come una casa…”. B. “Poi quando in Parlamento decidono qualcosa che alla sinistra non va, interviene il presidente della Repubblica che intanto non te la fa fare prima… come quella delle intercettazioni… e poi passa tutto alla Consulta, che hanno occupato, e con undici giudici la bocciano. Berlusconi è sputtanato, tiranneggiato, se va in tribunale a chiedere giustizia perché gli hanno dato del buffone… Berlusconi va a Messina, lavora tutta la mattina per rifare le case, va in chiesa e sta tre ore in piedi con la gamba che gli fa male, di fronte alle bare. Abbraccia tutti coloro che deve abbracciare perché hanno perso i cari eccetera … Poi dalla chiesa va alla sua macchina e ha quindici giovani da una parte e dall’altra che gli dicono “assassino”, “buffone”, “vergogna”, “vai via” “vai a casa”, e non succede niente. Vado da un avvocato e gli dico “vorrei denunciare questi qua” e l’avvocato mi dice “lei vuol perdere soldi e tempo”. Poi quando Berlusconi aggredito dalla stampa non dico non fa querela, ma semplicemente chiede un danno per far capire a questi giornali che non possono andare avanti così, rivolgendosi in maniera disarmata a quella magistratura civile che gli è ostile e dicendo “se per caso trovo un giudice onesto e vinco, quello che porto a casa lo da ad un’istituzione benefica… ti dicono che non c’è la libertà di stampa, che lui è un dittatore e portano il Parlamento Europeo a discutere e a votare sulla libertà di stampa in Italia… tu capisci che siamo a una situazione per cui: o io lascio, cosa che può essere anche possibile e che dato che non sto bene sto pensando anche di fare, oppure facciamo la rivoluzione, ma la rivoluzione vera… Portiamo in piazza milioni di persone, facciamo fuori il palazzo di giustizia di Milano, assediamo Repubblica: cose di questo genere, non c’è un’alternativa…”.

Lavitola sconsiglia il progetto paventando uno scenario infausto: “La farebbero a fettine…come la bresaola”. L. “Presidente, però se lei mi permette la prima opzione scordiamocela per due o tre motivi: uno, si distrugge il Paese, due a lei la fanno a fettine sottili come la… come si chiama lì … la bresaola diventa una cosa doppia, e mica solo a lei, a tutti quelli che…”.

In un’altra conversazione del 30 ottobre 2009  Lavitola parla con la segretaria del premier, Marinella, riguardo alcuni appunti da mandare al presidente del Senato Schifani riguardo un emendamento. L. “Buongiorno sono Walter… c’è Marinella”. Segretario “Un attimo” L. “Bella buondì”. M.”Sì, dimmi”. L. “Sei riuscita a dargli quella cosa a Schifani?”. M. “No, no no assolutamente, io non l’ho ancora visto e non riesco ancora a vederlo”. L. “Marinè…, vedi che il fatto è urgente perché oggi questi devono dare il parere di legittimità. Tu l’hai vista pure quella cosa firmata dai giornali (lettera di protesta perché il governo vuole tagliare i fondi all’editoria, ndr.)?”. M. “Sì, vista, e… niente, adesso comunque si sta informando anche un’altra persona su sta cosa”. L. “Vedi se è Bonaiuti, senno non combiniamo un cazzo”. M. “È Bonaiuti, è Bonaiuti, perché è il suo settore per cui non possiamo scavalcarlo. Chiama Bonaiuti”. L. “Ma lascia stare Bonaiuti, Bonaiuti l’ho sentito, chiede al Dottore di mandare questa cosa da Schifani.. ti prego, perché è importante”. M. “Ciao…”. L.”Non me lo puoi passare?”. M. “No, non te lo posso passare, non abbiamo ancora modo di parlargli…”. L. “Che fa, chiamo tra un po’?”. M. “Prova, ciao”. (richiama dopo pochi minuti) L. “Scusi, sono di nuovo Walter. Marinella?”. M. “Pronto…” L. “Bella… ci pensavo un secondo… senza far casini, senza disturbare lui più di tanto… se tu ti facessi autorizzare a mandare solo la copia di quell’emendamento a Schifani, con due righe, dicendo vedi se si può renderlo ammissibile, senza…”. M. “Io non la faccio se non mi dà l’ok il capo”. L. “Ma è ovvio… Mi fai sapere?”. M. “Lasciami vivere”.