Boss scarcerati, Bonafede ci ripensa: in carcere finita emergenza coronavirus

di Redazione Blitz
Pubblicato il 6 Maggio 2020 - 15:27 OLTRE 6 MESI FA
Boss scarcerati, Bonafede ci ripensa: in carcere finta emergenza coronavirus

Boss scarcerati, Bonafede ci ripensa: in carcere finta emergenza coronavirus (Foto Ansa)

ROMA – Il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede sta studiando una norma che consenta ai magistrati di sorveglianza di rivalutare le scarcerazioni già disposte di boss della criminalità organizzata alla luce del mutato quadro dell’emergenza coronavirus.

Gran parte delle scarcerazioni infatti sono state disposte per gravi patologie, ma molte ordinanze fanno esplicito riferimento all’emergenza da Covid-19.

Si sta quindi trovando una soluzione per fare in modo che, quando l’emergenza coronavirus sarà terminata o allentata, i boss scarcerati tornino in cella.

Boss che sono tutti affetti da almeno una delle dieci gravi patologie elencate in una circolare del Dap (dipartimento amministrazione penitenziaria) emessa il 21 marzo scorso.

Tra loro anche tre esponenti mafiosi che si trovavano al 41-bis, il regime di carcere duro.

Coronavirus, scarcerato il carceriere del bimbo sciolto nell’acido.

Scarcerato e concessi i domiciliari causa coronavirus al carceriere del bimbo sciolto nell’acido.

Cataldo Franco fu condannato in Cassazione e stava scontando l’ergastolo e fu per due mesi custode del piccolo Giuseppe Di Matteo. E’ andato ai domiciliari perché malato e per pericolo che contraesse il covid-19.

Originario di Gangi (Palermo) l’uomo tenne segregato il figlio del pentito Santino Di Matteo nell’estate del 1994, per un periodo di circa due mesi.

Oggi è anziano e malato ed è tornato nella sua casa di Geraci Siculo (Palermo) per il pericolo che potesse contrarre in carcere il coronavirus.

Questo in applicazione delle norme tendenti a ridurre il numero delle persone detenute nell’attuale periodo di emergenza.

Franco “restituì” l’ostaggio (rapito per imporre al padre di ritrattare le proprie accuse) all’inizio della stagione delle olive, perché gli serviva il capanno in cui veniva tenuto il ragazzino, poi assassinato e sciolto nell’acido su ordine di Giovanni Brusca il 12 gennaio 1996.