Bossetti e altri casi, il test del Dna può sbagliare

di Redazione Blitz
Pubblicato il 29 Giugno 2016 - 11:53 OLTRE 6 MESI FA
Bossetti e altri casi, il test del Dna può sbagliare

Bossetti

ROMA – La sentenza su Massimo Bossetti, accusato di aver ucciso Yara Gambirasio, è prevista per il 1 luglio. Il terreno di scontro tra accusa e difesa ha visto come protagonista il Dna. Per il pm Letizia Ruggeri il “Dna di Bossetti è perfetto e non contaminato. Non vi sono spazi di discussione per quanto riguarda la validità del lavoro scientifico svolto dal Ris e dai consulenti”.

Gli avvocati di Bossetti, Claudio Salvagni e Paolo Camporini, sostengono invece che “c’è solo un mezzo Dna contaminato” e che, come dichiarato all’AdnKronos, la custodia e la conservazione della traccia biologica “sono il tallone d’Achille” di un’indagine “con troppe anomalie”.

Ricordiamo che prima di identificare Bossetti sono stati prelevati circa 18000 campioni genetici nella provincia di Bergamo, per una spesa di quasi 3 milioni di soldi pubblici.

Come racconta la famosa giallista Val Mcdermid in Anatomia del crimine, riporta Linkiesta,

negli anni novanta investigatori di mezza Europa erano all’inseguimento di quello che fu poi soprannominato il “Fantasma di Heilbron”, una serial killer “apparentemente sovrumana”, il cui Dna fu repertato in diversi omicidi e rapine tra Austria, Francia e Germania. Solo nel 2009 si scoprì che i tamponi di cotone usati per il prelievo del Dna dalle scene del crimine, prodotti tutti da una stessa ditta in cui erano impiegate donne dell’Europa dell’Est, non erano conformi agli standard e quindi il Dna delle lavoratrici, che si era sparso per tutta Europa veicolato da quei tamponi, combaciava con quello fantasma.

Autunno 2011: una donna viene brutalmente stuprata a Manchester. Il primo indiziato è il giovanissimo Adam Scott, il cui Dna viene rinvenuto sul corpo della vittima. Il ragazzo si difende dicendo che la notte dell’aggressione era a centinaia di chilometri di distanza. Viene comunque sbattuto dietro le sbarre nello stesso braccio di pedofili e stupratori. Solo dopo cinque mesi di carcere si scopre che è stato vittima di una contaminazione tra campioni di Dna nel laboratorio del LCG Forensic: mesi addietro a Scott era stato prelevato un campione di saliva, a seguito di una rissa. Ebbene, i tecnici forensi avevano appoggiato il suo campione su un vassoio di plastica che era stato poi riutilizzato per lo stupro di Manchester.