Cagliari: faceva sesso con la suocera. La moglie lo scopre e lui la uccide

Pubblicato il 14 Giugno 2010 - 11:14| Aggiornato il 4 Marzo 2015 OLTRE 6 MESI FA

Settimo San Pietro, cittadina dove è avvenuto l'omicidio

Pietro Cambedda, 63 anni, è stato arrestato un anno fa. Ora si trova nel carcere cagliaritano di Buoncammino in attesa di essere processato (il 4 ottobre) per l’omicidio della moglie Elisabetta Bruno. Lo stesso Cambedda aveva confessato di essere l’autore dell’omicidio. La donna era stata colpita con quattro picconate la donna e poi sepolta in un orto alla periferia di Settimo San Pietro, cittadina alle porte di Cagliari.

In una lettera scritta dal carcere, Cambedda ha raccontato quali sono state le motivazioni dell’omicidio. Tutto è partito quando l’uomo ha incontrato Rosy – Rosalba, matrigna della moglie. Suo suocero si era infatti trasferito con la seconda moglie vicino alla sua abitazione. E da quel momento, le due famiglie iniziano a frequentarsi. Scrive Cambedda: «Mia moglie cercava di trascinarmi a casa del padre, ma io avevo avversione e antipatia per la moglie, che non sopportavo. Aveva abbandonato nove figli e la prima moglie, la madre di Betti. Mia suocera è morta di fatica a 50 anni». E così Cambedda e la matrigna della moglie iniziano a vedersi. «Ma io la cacciavo, scrive nella lettera. Veniva soltanto per umiliare mia moglie. Quando non c’era Betti, mi faceva vedere le sue grazie, mi parlava di tutti gli uomini che si tirava dietro. Cose che io e tutto il paese sapevamo già. Si diceva che facesse sesso anche con un medico».

E da quel momento l’attrazione tra i due diventa fatale. E una sera i due finiscono a letto. «Ero un po’ su di giri, le chiesi di darmi una notte di sesso. Lei accettò con entusiasmo. I nostri incontri diventarono infiniti. Lei riusciva a neutralizzare il marito, ci si incontrava a casa sua la mattina, di pomeriggio, quasi ogni notte. Me ne innamorai in modo diabolico. Facevamo sesso senza stancarci mai. Diventammo gelosi l’uno dell’altro. Lei non voleva che dormissi con mia moglie. Cominciai a non stare più a casa, mi astenni dal fare all’amore con Betti».

Ben presto la moglie era venuta a sapere della relazione tra suo marito e la matrigna. E subito dopo il padre scoprì a letto i due amanti. La moglie intanto aveva iniziato a minacciare Cambedda: «Diceva che mi avrebbe ucciso. Spesso portavo sul viso i segni delle sue unghie. Un giorno le dissi che avrebbe vissuto meglio senza di me. Mi avvelenai con psicofarmaci ma lei, purtroppo, mi salvò la vita. Mi svegliai in ospedale. Scappai senza che i medici potessero fermarmi». Cambedda, dopo il tentato suicidio, aveva deciso di cambiare vita. Ma ben presto «lei tornò alla carica e la notte ripresi a dormire con lei. Ricominciò l’inferno. Perdetti l’uso della ragione. Rosy diventò una malattia. La mia vita, ormai, era fatta di litigi e stanchezza. Vita da barbone».