Cannabis, perché la Corte costituzionale ha bocciato la legge Fini-Giovanardi

di Eva Bosco (Ansa)
Pubblicato il 26 Febbraio 2014 - 00:24 OLTRE 6 MESI FA
Cannabis, perché la Corte costituzionale ha bocciato la legge Fini-Giovanardi

Cannabis, perché la Corte costituzionale ha bocciato la legge Fini-Giovanardi

ROMA – La cosiddetta legge Fini-Giovanardi sulle droghe ha introdotto attraverso un maxi-emendamento modifiche del tutto estranee al decreto legge di partenza, varando una riforma così incisiva sul piano politico, giuridico e scientifico che proprio per questo avrebbe meritato ben altro approfondimento nel dibattito parlamentare.

Un dibattito compresso dai tempi rapidi dell’iter di conversione del decreto e schiacciato dal voto di fiducia che lo stesso governo pose sul maxi-emendamento, “precludendo una discussione specifica e una congrua deliberazione” sui singoli punti.

E’ per questi motivi che la Corte Costituzionale ha giudicato illegittima la legge e precisamente due articoli, aggiunti in sede di conversione al cosiddetto decreto-Olimpiadi, varato dal governo a fine 2005 e convertito a inizio 2006.

La norma conteneva misure sulle olimpiadi invernali, contro il terrorismo e la criminalità organizzata e anche per impedire l’interruzione dei programmi di recupero dalla tossicodipendenza. Ma queste ultime si trasformarono, nella legge di conversione, in norme sulle droghe, cancellando la distinzione tra legge e pesanti e anche la diversificazione nelle pene previste per i diversi reati.

La questione è finita di fronte alla Corte Costituzionale, che l’ha discussa e decisa tra l’11 e il 12 febbraio. Oggi il deposito delle motivazioni, estensore il giudice Marta Cartabia. La decisione della Corte, come spiega la sentenza, riguarda un problema di natura procedurale: l’iter di conversione di un decreto e la violazione dell’articolo 77 della Costituzione. In sostanza, la possibilità di emendare un decreto durante la fase di conversione in legge – passaggio parlamentare semplificato e particolarmente rapido – non è incondizionata, ma incontra dei limiti. Quindi “la legge di conversione non può aprirsi a qualsiasi contenuto ulteriore.

Diversamente, l’iter semplificato potrebbe essere sfruttato per scopi estranei a quelli che giustificano l’atto con forza di legge, a detrimento delle ordinarie dinamiche di confronto parlamentare”, scrive la Corte. Le conseguenze di questa decisione sono però più ampie, perché i due articoli decadono e con essi la parificazione delle droghe leggere a quelle pesanti. Di conseguenza, spiega la sentenza, torna in vigore la legge sulle droghe precedente alla Fini-Giovanardi, ossia la Iervolino-Vassalli (modificata dal referendum del ’93 che abolì il carcere per l’uso personale). Quanto ai singoli imputati, il giudice comune dovrà tener conto del favor rei, cioè del principio che implica l’applicazione della norma penale più favorevole.

Di fatto, come spiega il penalista Roberto Afeltra, tornando in vigore le norme precedenti, “le sanzioni per le droghe leggere si riducono e tornano da un minino di 2 a un massimo di 6 anni di carcere, ma in virtù del favor rei si riducono anche quelle per le droghe pesanti, passando da un minimo di 6 a un massimo di 20 anni, anziché 8-20 anni. Inoltre, sarà possibile chiedere la rimodulazione della pena per le sentenze successive al 2006”. La decisione della Corte avrà quindi riflessi anche sulla popolazione carceraria. Ora, commenta il coordinatore dei garanti dei detenuti, Franco Corleone, “è certificato per sentenza inoppugnabile che è stato compiuto un abuso ed è una felice coincidenza nel momento di costituzione di un nuovo governo che questo monito venga elevato con così grande nettezza”.

Carlo Giovanardi, senatore di Ncd, ha commentato:

“Una sentenza eversiva perché contesta il potere del governo di porre la fiducia e il potere del Parlamento di concederla o negarla. Sulla base di questi criteri surreali gran parte della legislazione italiana dovrebbe decadere. Ricordo infatti che le norme della Fini-Giovanardi inserite nel 2006 nella legge di conversione di un decreto in materia di droga erano state discusse per due anni dalla commissione giustizia del Senato e per 3 giorni con tutto il mondo delle tossicodipendenze nella conferenza nazionale di Palermo del dicembre 2005. Tanto è vero che la Corte ne ha cassate 2 e confermate 21”.

Il senatore Ncd ha poi aggiunto:

“La Consulta si è resa responsabile di un caos normativo che rischia di fare dell’Italia un campo di conquista da parte di multinazionali del crimine e dei grandi spacciatori. Bisognerebbe che la Corte qualche volta pensasse anche alle conseguenze delle sue interpretazioni cavillose”.