Casa farmaceutica Menarini, : condannati Lucia (10 anni) e Alberto Aleotti (7 anni)

di redazione Blitz
Pubblicato il 10 Settembre 2016 - 08:10| Aggiornato il 15 Settembre 2016 OLTRE 6 MESI FA
Casa farmaceutica Menarini: Lucia e Alberto Aleotti condannati per riciclaggio ed evasione fiscale rispettivamente a  10 anni e 6 mesi lei e a 7 anni e 6 mesi lui

Casa farmaceutica Menarini: Lucia e Alberto Aleotti condannati per riciclaggio ed evasione fiscale rispettivamente a 10 anni e 6 mesi lei e a 7 anni e 6 mesi lui

FIRENZE – Condannati i vertici della casa farmaceutica toscana Menarini. Il tribunale di Firenze ha comminato una condanna a 10 anni e sei mesi Lucia Aleotti, presidente della società, e a 7 anni e sei mesi al fratello Alberto Giovanni Aleotti, vicepresidente, a conclusione del processo che li vedeva a giudizio per accuse, a vario titolo, di evasione fiscale, riciclaggio e corruzione. Agli imputati è stato anche confiscato oltre un miliardo di euro.

Lucia e Giovanni Aleotti sono i figli di Alberto Aleotti, patron della azienda farmaceutica, morto nel 2014.

I fratelli Aleotti sono stati interdetti per sempre dai pubblici uffici e Lucia Aleotti è stata interdetta dall’intrattenere rapporti con la pubblica amministrazione per tre anni. Secondo gli inquirenti dal 1984 al 2010 Alberto Aleotti avrebbe usato società estere fittizie per l’acquisto dei principi attivi, con lo scopo di far aumentare il prezzo finale dei farmaci grazie ad una serie di false fatturazioni, truffando così il Sistema sanitario nazionale, che ha rimborsato medicinali con prezzi ‘gonfiati’. Il danno per lo Stato ammonterebbe a 860 milioni di euro.

Al processo si erano costituite parti civili il Ministero della Salute, sei Regioni e oltre 100 Asl che adesso attendono cospicui risarcimenti. Il pubblico ministero aveva chiesto nove anni e mezzo per Lucia Aleotti e otto anni per Giovanni Aleotti. Per la difesa, “c’erano elementi seri per ritenere che i reati contestati non fossero sostenibili”: lo ha detto Sandro Traversi, avvocato di Lucia e Giovanni Aleotti, che ha annunciato ricorso in appello.

Secondo l’agenzia Reuters,

il tribunale di Firenze ha condannato a 10 anni e sei mesi Lucia Aleotti, presidente della società Menarini Farmaceutica, e a 7 anni e sei mesi il fratello Alberto Giovanni, vicepresidente, a conclusione del processo nel quale erano accusati, a vario titolo, di evasione fiscale, riciclaggio e corruzione.

Per l’ipotesi di truffa al servizio sanitario nazionale i due sono stati assolti.

Agli imputati, che tramite il loro legale hanno già annunciato ricorso in appello, è stato confiscato oltre un miliardo di euro. I due sono stati inoltre interdetti a vita dai pubblici uffici e la sola Lucia Aleotti dall’intrattenere rapporti con la pubblica amministrazione per tre anni.

Il pm aveva chiesto nove anni e mezzo per Lucia Aleotti e otto anni per Giovanni Aleotti.

I due fratelli sono i figli di Alberto Aleotti, patron della azienda farmaceutica, morto nel 2014.

Secondo gli inquirenti, dal 1984 al 2010 Alberto Aleotti avrebbe usato società estere fittizie per l’acquisto dei principi attivi usati, con lo scopo di far aumentare il prezzo finale dei farmaci, grazie a una serie di false fatturazioni. Il danno per lo Stato sarebbe stato di 860 milioni di euro.

 

Massimo Mugnaini su Repubblica ricostruisce la genesi dell’inchiesta:

All’origine dell’inchiesta sul riciclaggio dei fondi neri Menarini c’è un conto segreto in Liechtenstein di 476 milioni di euro di cui nel 2008 erano titolari presso la Banca Lgt del Principato del Liechtenstein il patriarca Alberto Aleotti, morto il 7 maggio 2014, sua moglie Massimiliana Landini e i figli Lucia, Giovanni e Benedetta. Quel conto, secondo solo a quello del Granduca del Liechtenstein, era venuto alla luce nel 2008 quando un ex funzionario della Lgt, Heinrich Kieber, aveva venduto ai servizi segreti tedeschi, per 5 milioni di euro, la lista di 3.929 conti riservati di fondazioni e di 5.828 persone fisiche. Dalla Germania quelle carte della Lgt erano state inviate in Australia nell’ambito della collaborazione internazionale e due anni dopo l’autorità fiscale australiana le aveva mandate prima al Comando generale della Guardia di Finanza e poi, tramite rogatoria internazionale, al Ministero della Giustizia.

Nel corso delle indagini dei carabinieri del Nas, sono state anche documentate “serrate attività di pressione” della famiglia Aleotti “su esponenti politici, negli anni 2008-2009”, per contrastare l’operato di alcune Regioni che “avevano adottato delibere a favore di farmaci generici”. Pressioni, anche attraverso lettere, sull’ex premier Silvio Berlusconi e sull’ex ministro Claudio Scajola, e ‘interventi’ sull’allora assessore toscano alla salute, e oggi presidente della Regione, Enrico Rossi, e su altri esponenti politici, fra i quali Gianni Letta e vari ex sottosegretari. Su questo tipo di attività la procura non ha mosso alcun rilievo penale. Diverso il caso del senatore ex pdl Cesare Cursi, che era accusato di corruzione: la sua posizione è stata archiviata dopo la decisione del Senato di negare l’autorizzazione all’utilizzo delle intercettazioni che lo riguardavano. Già presidente della commissione Industria e Commercio, Cursi si attivò più volte, su richiesta degli Aleotti, per bloccare o limitare i poteri delle Regioni sulla prescrizione dei farmaci, con l’obiettivo di difendere la quota di mercato di quelli coperti da brevetto.

Nell’indagine è spuntata anche, col ruolo di ‘mediatrice’ svolto per Aleotti, la signora Maria Girani Angiolillo, defunta regina dei salotti romani estranea all’inchiesta. “Ai grandi affari servono anche quelle singolari forme di relazioni social-salottiere che abbiamo conosciuto attraverso le agende di Maria Angiolillo. Ci si conosce, ci si annusa, ci si legittima”, ha detto il pm Squillace Greco sempre durante la sua requisitoria.