Caso Cucchi, Cassazione annulla le assoluzioni dei medici. “Stefano si poteva salvare”

di redazione Blitz
Pubblicato il 19 Aprile 2017 - 22:12 OLTRE 6 MESI FA
Stefano Cucchi, Cassazione annulla le assoluzioni dei medici. "Stefano si poteva salvare"

Stefano Cucchi, Cassazione annulla le assoluzioni dei medici. “Stefano si poteva salvare”

ROMA – La Corte di Cassazione ha annullato i proscioglimenti dei cinque medici indagati per l’omicidio colposo di Stefano Cucchi. I giudici hanno accolto così il ricorso della Procura di Roma contro le assoluzioni dei medici.

“Domani scatta la prescrizione ma oggi c’è ancora tempo per fare giustizia e annullare con rinvio le assoluzioni dei cinque medici prosciolti per l’omicidio colposo di Stefano Cucchi: il verdetto dell’appello bis presenta molteplici aspetti critici e i giudici hanno sovrapposto il loro punto di vista a quello dei periti senza avere gli stessi requisiti scientifici”: questo il ‘cuore’ della requisitoria del procuratore generale, Antonio Mura, davanti alla Prima sezione penale che gli ha dato ascolto.

Il Pg ha criticato a spada tratta la sentenza della Corte di Assise di Appello di Roma del 2016 per aver “eluso il mandato” affidatogli nel 2015 dalla stessa Cassazione: quello di accertare o escludere il nesso causale tra la morte del giovane geometra, arrestato per droga e ricoverato dal 17 al 22 ottobre del 2009, data del decesso, all’ospedale ‘Pertini’ di Roma, e il fatto che Cucchi, arrivato già stremato e sotto peso, con fratture e bradicardia, non aveva ricevuto cure adeguate alle sue condizioni.

L’annullamento delle assoluzioni dei medici Aldo Fierro, Stefania Corbi, Flaminia Bruno, Luigi Preite De Marchis e Silvia Di Carlo salva i risarcimenti per le parti civili Comune di Roma e Cittadinanza Attiva. La famiglia Cucchi è già stata risarcita dal ‘Pertini’.

“Sono passati 7 anni, 5 mesi e 28 giorni dalla morte di Stefano Cucchi e siamo alla vigilia della prescrizione – ha esordito Mura – ed è difficile prendere la parola davanti alla morte tragica di un ragazzo e occuparsi di un processo travagliato arrivato ormai al quinto grado di giudizio su impugnazione della Procura, con un percorso faticoso alla ricerca della verità”.

L’iter giudiziario, ha proseguito il procuratore generale, “ha avuto un esito paradossale perché l’ultima sentenza ha finito per dichiarare l’impossibilità di accertare se le opportune terapie avrebbero potuto evitare o ritardare la morte di Stefano”, e lo ha fatto con motivazioni che contengono “errori rilevanti” e “contraddizioni intrinseche”.

Nel verdetto dell’appello bis, ha sottolineato inoltre il procuratore generale, la Corte romana ha “sovrapposto indebitamente il suo giudizio, non scientifico, a quello del collegio di periti costituito da luminari che hanno affermato che Stefano Cucchi poteva essere salvato, o il suo decesso ritardato, se le terapie adeguate fossero iniziate il 19 ottobre se solo fossero stati letti congiuntamente tutti i dati delle analisi arrivate nel pomeriggio”.

Il procuratore generale ha poi battuto il tasto sul fatto che “molteplici aspetti critici” avrebbero potuto essere sciolti da “una nuova perizia che però non è stata disposta”. “Non ci può essere una resa cognitiva e non è accettabile che un processo si arresti senza aver percorso tutte le strade per l’accertamento della verità, in questo caso per accertare il nesso causale tra la morte di Cucchi e la non somministrazione di adeguate cure”, ha concluso il procuratore.