Restano in cella: “Troppo crimine a Napoli, no ai domiciliari”

di redazione Blitz
Pubblicato il 21 Ottobre 2017 - 19:55 OLTRE 6 MESI FA
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Napoli, poliziotti in azione (Ansa)

NAPOLI – Restano in cella perché vivono a Napoli. Vivono in una città “ad alta densità criminale, nella quale il carattere saltuario dei controlli di polizia non sarebbe idoneo ad evitare il concreto pericolo di evasione”. E così, per tre cingalesi, indagati per un reato che avrebbero commesso a Firenze – vale a dire la ricettazione di carte di credito e documenti d’identità – il Gip di Firenze, Paola Belsito, non ha concesso gli arresti domiciliari.

Una motivazione “ambientale” che ha lasciato di stucco il legale che difende i tre extracomunitari. “Mi sono offeso come cittadino napoletano e sono esterrefatto come operatore del diritto”, commenta perplesso l’avvocato Riccardo Ferone. La storia viene raccontata dal quotidiano Il Mattino. Certo la ‘colpa’ non è solo di Napoli, spiega nero su bianco il gip fiorentino. C’entra anche “l’elevata abilità degli indagati nel celare la propria identità”. Ma la circostanza che a degli incensurati non siano stati concessi i domiciliari per “motivi ambientali”, spiega l’avvocato Ferone, farà subito scattare “la richiesta di Riesame”.

I tre cingalesi sono accusati di aver ricettato carte di credito e documenti d’identità con cui avrebbero provato ad acquistare in un negozio di telefonia due smartphone di ultima generazione. Sono stati portati in carcere e il loro legale ha chiesto i domiciliari, ma il giudice Belsito ha detto di no. Anche perché, “quand’anche l’esecuzione degli arresti domiciliari – argomenta – fosse sottoposta ad assidui controlli di polizia giudiziaria, tale misura non sarebbe comunque idonea ad assicurare le indicate esigenze di cautela ed in particolare a garantire che gli indagati non approfittino dei sostanziali margini di libertà ad essa connaturati per proseguire, anche trasgredendo le prescrizioni fondamentali, la loro illecita attività o comunque per non disperdere i contatti necessari per poterla riprendere in tempi migliori”.

Il caso, all’interno del carcere di Poggioreale è stato affrontato da un giudice napoletano delegato per rogatoria. “Ho avuto la netta sensazione che anche lui – aggiunge l’avvocato Ferone – abbia provato lo stesso imbarazzo”. Quel che è certo è che per i cingalesi, a detta del loro legale, la storia non finirà qui: “Farò richiesta al Riesame perché parliamo di incensurati in cella per motivi ‘ambientali'”