Carlo Macro, il fratello Francesco: “E’ morto in macchina, accanto a me”

di redazione Blitz
Pubblicato il 18 Febbraio 2014 - 16:18 OLTRE 6 MESI FA

carabinieri-gazzellaROMA – Un colpo di cacciavite al cuore. E’ morto così Carlo Macro, 33 anni, mentre col fratello si era fermato al Gianicolo, Roma, per fare pipì. Una sosta brevissima prima di tornare a casa, la notte di domenica. Forse la musica in auto ha infastidito l’abitante di una roulotte lì vicino: Joseph Clifford, indiano, ha ucciso a bruciapelo Claudio.

Il fratello Francesco, 36 anni, ingegnere, era solo quel fratello quella notte. Nessuna lite, niente che a suo dire potesse far presagire quel colpo mortale. Ecco cosa racconta a Leggo:

La musica era ad un volume alto, come ha detto l’uomo che ha ucciso tuo fratello?

«No, non era troppo alto, perché stavamo parlando in auto. Insomma, non dovevamo urlare per sentirci e quindi direi che era ad un livello sicuramente normale. È chiaro che tenendo lo sportello dell’auto aperto, fuori si sentiva di più».

Perché decidete di fermarvi proprio in quel punto?

«Era un tratto dopo un rettilineo, ci sembrava un posto sicuro, illuminato. Dovevamo solo fare pipì, tutti e due».

Dove andate?

«Io mi sono fermato poco dopo l’auto, mentre Carlo è andato poco distante, vicino ad una roulotte ferma».

Senti dei rumori strani?

«No, assolutamente. Quando ho finito di fare pipì ho guardato verso mio fratello e ho visto che era fermo, quasi pietrificato, di fronte alla roulotte. Non riuscivo a capire cosa gli fosse successo e per questo sono subito corso da lui».

Qualcuno ha gridato, hai sentito dei lamenti o qualcosa di insolito?

«No, non mi sono accorto di nulla. Quando sono arrivato davanti alla roulotte ho visto un uomo straniero che aveva in mano un corpo contundente affilato».

Come reagisci?

«Ho pensato solo a portare via mio fratello. Non ero tranquillo là. Gli ho detto: “Ma sei scemo? Che fai? Muoviti, andiamo subito via”. Non riuscivo a capire perché non riuscisse a muoversi».

Era sporco di sangue?

«Non ho visto nessuna macchia. Era immobile. Così l’ho preso e l’ho portato verso la macchina. Alla fine, però, è riuscito a fare qualche passo da solo e ad entrare in auto».

Ti ha detto qualcosa?

«No, era in silenzio».

Quando ti sei accorto che era successo qualcosa di grave?

«Poco dopo essere ripartito con l’auto, quando Carlo è svenuto ed è caduto su di me, senza dire nulla».

L’indiano che ha aggredito Carlo dice che aveva discusso con lui, quasi una lite…

«Ci siamo fermati il tempo giusto per fare pipì. Non ho sentito nulla, nessun grido e nessuno che alzava la voce e quando mi sono girato mio fratello era bloccato. Difficile che ci potesse essere stata una discussione in quei pochi secondi e penso che me ne sarei accorto».