Commenti siti web, molti li aboliscono. Severgnini apre il dibattito

di Redazione Blitz
Pubblicato il 22 Dicembre 2014 - 11:56 OLTRE 6 MESI FA
Commenti siti web, molti li aboliscono. Severgnini apre il dibattito

Commenti siti web, molti li aboliscono. Severgnini apre il dibattito

ROMA – Commenti sì, commenti no. Ad aprire il dibattito è Beppe Severgnini sul Corriere della Serama la polemica nasce oltreoceano: in America, dove alcuni siti di informazione hanno cominciato ad abolire la sezione dei commenti, per porre un freno alla deriva diffamatoria di certi utenti. Anche e soprattutto per autotutela, dal punto di vista giuridico e morale.

La libertà, scrive Severgnini, “come tutte le cose importanti, bisogna meritarsela”. Discutibile: la libertà è sacrosanta ma, come tutti i diritti, andrebbe garantita con nomi e cognomi. Libertà di commentare però, e qui è difficile dare torto a Severgnigni, “non significa libertà di offendere, ferire, diffamare”. E non è neppure decoroso che un sito di informazione debba ospitare acriticamente la violenza verbale e gli insulti dei cosiddetti “avventori virtuali”. Nessun giornale aspira a divenire sfogatoio della pubblica e anonima frustrazione.

La soluzione si chiama “moderazione”. Siti autorevoli come il Guardian hanno impiegato appositi staff il cui compito è quello di sorvegliare h24 la sezione dei commenti: quelli che soddisfano determinati requisiti (legali e logici) vengono pubblicati. Ma non tutti dispongono del tempo e delle risorse necessarie a filtrare l’incontinenza dei propri lettori. Persino il Corriere della Sera, ha dovuto piegarsi alla censura. Severgnini riporta l’esempio del blog Italians:

“Quand’abbiamo aperto i commenti a «Italians» – nel 2011 – ci siamo accorti che occorrevano cinque persone per gestirli. Trenta scalmanati approfittavano della nuova vetrina per inveire, diffamare, pubblicare insulti sessisti o razzisti. Sapevano di rovinare il piacere della discussione a migliaia di lettori perbene? Certo. Non gliene importava nulla. Il più molesto usava dodici identità diverse, di cui due femminili. Ce ne siamo accorti perché tutti quei (pessimi) commenti arrivano dallo stesso indirizzo IP. Ovviamente, appena chiusa la sezione, lui e quelli come lui hanno cominciato a gridare: «Censura!». Troppo sciocchi per capire che la nostra libertà si ferma dove comincia quella degli altri”.

Oltretutto, ragiona Severgnini, “i siti d’informazione non hanno né la voglia né i titoli per diventare guardiani della morale pubblica“. Il rischio però è che tappando la bocca ai commenti, la violenza finisca per riversarsi poi sui social network. Severgnini a questo punto se ne lava le mani:

“È vero, purtroppo. Ma almeno non è più un problema dei giornali, che di problemi ne hanno abbastanza. Siamo giornalisti, più o meno bravi; non guardiani di uno zoo”

Il dibattito è aperto, lo dimostrano le decine di commenti apparsi in calce all’articolo di Severgnini. Su tutti, Giorgio Sd osserva:

“Il cinismo non è un reato, basterebbe una registrazione con il codice fiscale ed in caso di reato e denuncia di qualcuno procedere. Non mi pare così difficile”.