Cosenza, trovato scheletro. Forse è Luca Bruni, boss scomparso nel 2012

di redazione Blitz
Pubblicato il 18 Dicembre 2014 - 23:58| Aggiornato il 19 Dicembre 2014 OLTRE 6 MESI FA
Cosenza, trovato scheletro. Forse è Luca Bruni, boss scomparso nel 2012

Cosenza, trovato scheletro. Forse è Luca Bruni, boss scomparso nel 2012

COSENZA –  Lo scheletro di un uomo è stato trovato giovedì sera dai carabinieri del Reparto operativo di Cosenza, sepolto sotto un metro di terra in un campo situato alla periferia di Castrolibero, comune alle porte del capoluogo di provincia. L’ipotesi degli investigatori è che possa trattarsi dei resti di Luca Bruni, indicato come un boss della ‘ndrangheta, scomparso il 3 gennaio del 2012 e più ritrovato.

Per il delitto e la sparizione di Bruni, nelle scorse settimane, i carabinieri del Reparto operativo, su disposizione della Dda di Catanzaro, avevano sottoposto a fermo Maurizio Rango, di 38 anni, e Adolfo Foggetti di 29, ritenuti dagli investigatori il reggente e l’esponente di vertice della cosca della ‘ndrangheta dei Rango-Zingari che opera in provincia di Cosenza.

Per il delitto è ricercato Daniele Lamanna, 40 anni, irreperibile da tempo, mentre è indagato Franco Bruzzese (47), già detenuto per altri reati. Adolfo Foggetti, tra l’altro, dopo l’arresto, secondo quanto si è appreso, avrebbe iniziato a collaborare con gli inquirenti ed è già stato sentito dai pm della Dda di Catanzaro Pierpaolo Bruni e Vincenzo Luberto. Non è escluso che sia stato proprio lui a fornire agli inquirenti le indicazioni per ritrovare i resti di Bruni.

Secondo quanto emerso dalle indagini, Luca Bruni, scarcerato nel 2012 poco prima di sparire aveva assunto un ruolo verticistico del proprio gruppo criminale dopo la morte di suo fratello Michele, che stava tentando di organizzarsi per ampliare il raggio d’azione degli interessi illeciti della propria cosca. La decisione di espandersi, però, evidentemente era in contrasto con gli accordi già stabiliti da un “patto” tra la cosca degli “italiani”, capeggiata da Ettore Lanzino, con quella degli “zingari”, guidati da Franco Bruzzese.

Tra l’altro, Bruni avrebbe nutrito un forte risentimento nei confronti della cosca di Lanzino perché ritenuta storicamente responsabile della morte di suo padre Francesco, conosciuto come “bella bella”. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, grazie anche alla testimonianza di alcuni collaboratori di giustizia, Bruni, fidandosi dei fermati, avrebbe deciso di partecipare ad un incontro al quale pensava di trovare i vertici delle cosche cosentine, Ettore Lanzino e Franco Presta, che all’epoca erano latitanti. In realtà l’incontro era un tranello ordito per ucciderlo.