Costa Concordia, chiuse indagini: nei guai 8 persone. Pure Gianrico Giampedroni

Pubblicato il 21 Dicembre 2012 - 13:15 OLTRE 6 MESI FA
La nave Costa Concordia naufragata lo scorso 13 gennaio

GROSSETO – Chiuse le indagini sulla nave Costa Concordia, naufragata lo scorso 13 gennaio al largo dell’isola del Giglio. Nei guai finiscono otto persone: tra loro c’è anche Manrico Giampedroni, l’ufficiale eroe che era rimasto per 36 ore sul relitto mentre correva su e giù tra il ponte e le cabine in cerca di passeggeri intrappolati. Per lui si ipotizza l’omessa attivazione come responsabile dell’evacuazione delle cabine e delle aree passeggeri. Oltre ad aver concesso al capitano Schettino di rilasciare false informazioni ai passeggeri in quella notte che costò la vita a 36 persone e altre 157 rimasero ferite.

Oltre a Gianpedroni hanno ricevuto notifica di conclusione delle indagini anche il cartografo Simone Canessa, l’ufficiale Andrea Bongiovanni, il capo dell’unità di crisi Roberto Ferrarini, il timoniere indiano Ruslin Bin, il vice di Schettino Ciro Ambrosio e il vicepresidente della compagnia Manfred Ursprunger. Senza tralasciare ovviamente il capitano della nave, Francesco Schettino.

Secondo il pool di sostituti procuratori composto da Maria Navarro, Alessandro Leopizzi e Stefano Pizza e coordinati dal procuratore Francesco Verusio, le responsabilità di quella tragica notte andrebbero così ripartite:

Il Cartografo Canessa, sentito più volte, ebbe un ruolo marginale fornendo informazioni errate all’Ufficio locale marittimo di Porto Santo stefano. Anche Bongiovanni, l’ufficiale che avrebbe detto alla Capitaneria di Porto che a bordo della nave si era verificato un blackout, potrebbe cavarsela con una multa. Più grave invece la posizione di Roberto Ferrarini che, secondo i giudici, avvertì in ritardo Manfred Urspunger vice presidente esecutivo della compagnia. Lo chiamò alle 22.21 ma la notizia dell’incidente a Genova era arrivata già alle 21.58. Si dimenticò di accertarsi se Schettino aveva attivato le procedure di sicurezza, e pure di contattare immediatamente il Comando generale della Capitaneria di Porto. Al telefono con le autorità marittime sostenne che lo sbandamento della nave era di 12 gradi, mentre poco prima gli era stato personalmente comunicato che l’inclinazione era di 15 gradi.

Su Schettino poi i capi di imputazione si moltiplicano. Scrive il Corriere:

per la Procura usò una carta nautica inadeguata per tracciare una rotta non formalizzata in un rituale piano di viaggio; si scordò di mettere per iscritto gli ordini permanenti; si dimenticò di rafforzare la composizione della guardia in occasione della navigazione notturna; prese il comando della Concordia senza che la vista si fosse completamente adeguata al cambio della luce.[…] non organizzò un adeguato servizio di vedetta, non mise a confronto la bussola magnetica e il girobussola, non caricò il segnale Delta-x-Ray, non isolò i compartimenti stagni e dette al timoniere indiano Ruslin Bin (altro indagato) ordini sulla rotta da seguire senza precisare la velocità di accostata. Insomma sbagliò ogni cosa.