“Tomba di De Pedis non può rimanere a Sant’Apollinare”: sarà spostata?

Pubblicato il 24 Aprile 2012 - 11:24 OLTRE 6 MESI FA

Enrico De Pedis detto "Renatino"

ROMA – Per la prima volta dopo 22 anni qualcosa si muove nel controverso caso della tomba di Enrico de Pedis, il boss della banda della Magliana detto “Renatino”, sepolto come un benefattore nel 1990 nella basilica romana di S. Apollinare dall’allora rettore mons. Pietro Vergari con il benestare dell’allora vicario di Roma, il cardinale Ugo Poletti. E’ imminente infatti negli uffici del Vicariato, guidato ora dal cardinale Agostino Vallini, una riunione top secret cui parteciperanno anche membri della Gendarmeria vaticana per fare il punto della situazione e studiare la possibilità di traslare la salma che non poco imbarazzo ha gettato sulla Chiesa di Roma e sul Vaticano.  Il parroco di Sant’Apollinare ha chiesto aiuto perché la basilica torni un luogo di culto, e non una meta per i turisti che vogliono fare foto con la tomba del boss.

Soprattutto da quando un collegamento tra il rapimento di Emanuela Orlandi, la cittadina vaticana scomparsa nel 1983, e la sepoltura di De Pedis è stato ipotizzato da testimonianze raccolte attraverso i media. E da quando di un presunto ruolo di “Renatino” nel rapimento della giovane Orlandi ha parlato anche Sabrina Minardi, sua ex amante. Da tempo la magistratura romana che indaga sul caso Orlandi aveva parlato della possibilità di ispezionare la tomba del boss romano per raccogliere elementi sul sequestro. Un’ipotesi alla quale il Vicariato di Roma già nel luglio 2010 aveva dato un primo via libera, senza opporsi. Ora, la nuova accelerazione data all’inchiesta, le precisazioni fornite dal ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri dopo l’interrogazione di Walter Veltroni e il rinfocolarsi delle polemiche sull’opportunità che un boss della Magliana sia sepolto in una antica basilica romana, hanno ulteriormente rafforzato in Vaticano la convinzione che è necessario più che mai sgombrare il campo da ogni dubbio. Agire con trasparenza e tempestività.

In effetti, l’iniziativa del Vicariato è stata anticipata meno di dieci giorni fa da una nota ufficiale della sala stampa vaticana. “Poiché la collocazione della tomba di Enrico De Pedis presso la basilica dell’Apollinare – aveva detto con chiarezza il portavoce, padre Federico Lombardi – ha continuato e continua ad essere motivo di interrogativi e di discussioni, anche a prescindere dal suo eventuale rapporto con la vicenda del sequestro Orlandi, si ribadisce che da parte ecclesiastica non si frappone nessun ostacolo a che la tomba sia ispezionata e che la salma sia tumulata altrove perché si ristabilisca la giusta serenità rispondente alla natura di un ambiente sacro”.

Ora, quindi, è il Vicariato stesso a prendere in mano la questione che sarà comunque affrontata nel vertice con estrema cautela nell’ipotesi che dalla magistratura arrivino richieste nell’ambito dell’indagine in corso. Un’eventuale traslazione della salma, comunque, sarebbe vista bene persino dalla vedova di De Pedis. “La prima persona che vuole portar via la salma di mio marito Enrico De Pedis dalla basilica di Sant’ Apollinare sono io – ha detto Carla De Pedis in un’intervista di alcuni giorni fa -. Lo farò appena possibile, quanto prima, spero subito dopo Pasqua”.

Per il parroco di Sant’Apollinare don Pedro Huidobro Vega si tratta di una questione di decoro. Ogni giorno si vede costretto ad allontanare turisti dalla tomba di De Pedis: “Non so quando avverrà la traslazione, anche se prima o poi mi dovranno avvertire. Finora non ho ancora ricevuto nessuna comunicazione ufficiale. La salma tumulata nella cripta di per sé non dà fastidio, mentre invece i curiosi che ogni giorno insistono per fare le foto sì. La chiesa deve tornare a essere un luogo di culto in cui andare a pregare non una meta turistica per foto ricordo”.