Delitti del Circeo: “Una ferita che si riapre”, la sorella di Rosaria Lopez esprime la sua amarezza dopo la liberazione di Gianni Guido

Pubblicato il 27 Agosto 2009 - 13:52 OLTRE 6 MESI FA

Si scatenano le reazioni dei familiari delle vittime dei tristemente famosi delitti del Circeo, dopo la liberazione di Gianni Guido, uno dei tre stupratori e assassini della “Roma bene” che nel 1975 seviziarono e uccisero Rosaria Lopez e ridussero in fin di vita Donatella Colasanti.

Letizia Lopez, sorella di Rosaria, parla di «una ferita che si è riaperta ancora una volta». «Sento la rabbia che mi mangia il cuore e l’anima, ma tanto non c’è nulla da fare, in questo Paese la giustizia non funziona» accusa.

«Gianni Guido che massacrò mia sorella, andò a casa a cenare e poi tornò al Circeo a finire quello che aveva cominciato, è libero e chi ruba una mela, i poveracci stanno in galera».

Il cadavere di Rosaria fu trovato, insieme a una agonizzante Donatella Colasanti, in una 127  parcheggiata in viale Pola,  a pochi metri dall’abitazione dei genitori di Gianni Guido nel quartiere Trieste, a Roma.

«Il signor Guido non ha affatto scontato la sua pena – puntualizza Lopez – è andato in Argentina, è scappato all’estero, ha fatto gran parte della condanna ai servizi sociali, ha usufruito di permessi. Ma insomma, mi chiedo con quale coraggio una persona così con quello che ha fatto, e senza mostrare pentimento, ora gira libero per Roma».

Letizia Lopez da alcuni anni si è trasferita proprio nella Capitale. «Potrei incontrarlo in strada anche stasera – dice – cosa gli farei? Davvero non lo so, non sono una persona violenta, ma credo che gli chiederei come sta, come si sente, come fa a vivere con quei mostri che gli abitano nell’anima. In questi anni, più che pensare a Gianni Guido, che non ci ha chiesto mai veramente perdono, mi è venuta voglia di andare sotto casa dei genitori, anche di quelli di Andrea Ghira: avrei avuto voglia di sistemare uno striscione con la scritta “assassini”. Credo che la responsabilità di quello che hanno fatto queste persone, che allora erano poco piu di ragazzi, sia anche da attribuire ai loro genitori».

Letizia Lopez non crede neppure alla morte di Andrea Ghira, anche se l’analisi del dna dimostrò che era sua la salma trovata nel cimitero della Legione straniera, dove si era arruolato, nella enclave spagnola di Melilla in Marocco.

«Ho sempre pensato che questa è gente ricca che ha avuto coperture importanti – dice Letizia Lopez – mi sto battendo per far riaprire quel caso, ma trovare un perito e convincere un magistrato a far rifare il dna è impossibile».