Disse “negro perditempo” a un operaio. Imprenditore condannato per odio etnico

di redazione Blitz
Pubblicato il 7 Ottobre 2014 - 07:15 OLTRE 6 MESI FA
Disse "negro perditempo" a un operaio. Imprenditore condannato per odio etnico

Disse “negro perditempo” a un operaio. Imprenditore condannato per odio etnico

ROMA – Diede un pugno a un operaio apostrofandolo come “negro, perditempo…“. Per la Cassazione, l’imprenditore marchigiano, Maurizio V., è colpevole di ingiuria e lesioni aggravate dall’odio etnico.

I supremi giudici hanno confermato la condanna – la cui entità non è nota – a carico dell’imputato che si era difeso sostenendo che quelle parole non erano razziste e che, lui, non discriminava nessuno, tanto è vero che si serviva di “una forza di lavoro multietnica”.

Per i supremi giudici, le parole rivolte a Mohamed F.B., sono invece da considerare come insulti razzisti e, come tali, da punire con l’aggravante della legge Mancino. A tal proposito la Cassazione ricorda di aver già affermato che

“integra gli estremi della aggravante della finalità di discriminazione o di odio etnico, nazionale, razziale o religioso, l’espressione ‘sporco negro’, in quanto idonea a coinvolgere un giudizio di disvalore sulla razza della persona offesa”.

E lo stesso discorso vale anche per le espressioni usate in questo caso. Quanto all’utilizzo di personale straniero, la Suprema Corte ha replicato che tale circostanza non ha “alcun rilievo” nel tentativo di escludere la “qualificazione dell’episodio” come connotato da razzismo.

Respinto anche il tentativo dell’imprenditore di far dichiarare prescritti i reati di lesioni e ingiuria adducendo che la Corte di Appello di Ancona, che lo aveva condannato con verdetto del 14 febbraio 2013, non aveva adottato “un formale provvedimento di sospensione del corso della prescrizione” e aveva sbagliato a dare “efficacia sospensiva ai rinvii per trattative” in corso tra le parti e poi non andati a buon fine.

A tal proposito i supremi giudici hanno obiettato che il rinvio per trattative del quale si discute “essendo stato pacificamente richiesto dalle parti, determina ‘ex lege’ la sospensione del corso della prescrizione, senza che occorra alcun provvedimento formale che tale sospensione disponga”.

Maurizio V., per effetto della condanna in Cassazione, deve pagare anche le spese processuali e versare mille euro alla Cassa delle ammende.