Un miliardo rubato al Fisco da un’azienda sola: 62 indagati, sequestri

di Redazione Blitz
Pubblicato il 21 Ottobre 2014 - 10:47 OLTRE 6 MESI FA
Evasione fiscale da miliardi di euro: 62 indagati, sequestri in tutta Italia

Evasione fiscale da miliardi di euro: 62 indagati, sequestri in tutta Italia

ROMA – Un’evasione fiscale da 1,7 miliardi di euro fatta da una sola azienda: 62 persone indagate in tutta Italia, perquisizioni da Nord a Sud con sequestro di beni da centinaia di milioni. E’ il risultato di un’operazione della Guardia di finanza.  Secondo l’accusa, al centro ci sarebbe la società del consorzio Gesconet che opera nei settori del trasporto, del facchinaggio, delle pulizie e della vigilanza privata.

Tra gli artefici della mega evasione accertata dalla guardia di finanza di Roma ci sono Pierino Tulli, titolare di fatto della Gesconet, ed il suo ex braccio destro Maurizio Ladaga. Per loro, e per un’altra ventina di indagati, il pm Mario Dovinola aveva chiesto l’emissione di ordinanze di custodia cautelare, ma il gip Valerio Savio ha ritenuto che non sussista alcuno dei pericoli (inquinamento prove, fuga, reiterazione del reato) che giustifichi l’applicazione di misure restrittive.

Una contabilità riservata e parallela, utilizzata dagli indagati per pagare funzionari delle pubbliche amministrazioni. I soldi ai funzionari pubblici sarebbero state pagati tra il 2010 e il 2012 e sarebbero finiti nella contabilità parallela sottraendo il denaro alle cooperative. I reati contestati agli indagati vanno dall’associazione per delinquere finalizzata alla frode fiscale, alla bancarotta fraudolenta, al riciclaggio.

Il meccanismo messo in piedi dagli indagati, hanno ricostruito gli investigatori, consisteva nell’affidamento di servizi in subappalto a società cooperative appositamente costituite, da parte delle società degli indagati, che si aggiudicavano gli appalti sia da enti pubblici sia da società private. A loro volta le cooperative emettevano fatture false per operazioni inesistenti, accertate dalla Gdf per circa 400 milioni, accreditando così il denaro ricevuto ad altre cooperative cosiddette “finali”. I conti di queste ultime venivano progressivamente svuotati attraverso dei prelievi di denaro contante, non giustificati da alcuna logica commerciale.